sabato 15 maggio 2010
Dopo lo sfogo privato, il presidente del Consiglio rende ufficiale la linea intransigente del suo governo, anche se lamenta la fuga di notizie dai Palazzi giudiziari. Ora la parola ai magistrati.
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Che fosse irritato quanto amareggiato lo sapevano in molti. Con i suoi si continua a sfogare da giorni, dai primi segnali del caso-Scajola. «Non so quanto grande sia la macchia d’olio e dove si possa arrivare», lamenta con chi gli sta più vicino. E questa volta c’è chi ha parlato di un Silvio Berlusconi inedito, intento più a cercare le mele marce tra le fila del Pdl, se non nel suo stesso governo, che a prendersela con i magistrati. Di certo il premier non ha digerito le «liste di proscrizione»: quelle proprio no. Né le anticipazioni sui giornali. E comunque il presidente del Consiglio decide di rendere pubblici con una nota ufficiale i propri sentimenti. «È inaccettabile che l’elenco dei clienti di una azienda venga presentato dai giornali come una lista di colpevoli. Se ci saranno uno, due, tre casi di comportamenti illegittimi saranno i magistrati ad accertarlo. E in questa ipotesi ci sarà severità di giudizio e di decisione nei confronti di chi fa politica ed ha responsabilità pubbliche. Nessuna indulgenza e impunità per chi ha sbagliato». Il premier, dunque, pesa le parole, per misurare la gravità dei fatti. «Ma, per favore – continua –, basta con queste assurde isterie, con queste liste di proscrizione che gettano aprioristicamente ed indiscriminatamente fango su persone innocenti».Una linea, questa, approvata in pieno anche dal ministro Angelino Alfano. «Non credo che sia una nuova Tangentopoli, siamo però di fronte a episodi che se fossero veri meriterebbero una severa punizione dei colpevoli», sentenzia il titolare della Giustizia. Ma la lista, per il Guardasigilli, «dovrà essere verificata in termini di liceità dei comportamenti». Sicuramente, «dovrà verificarlo la magistratura che lavora e lavorerà con serenità e che sarebbe il caso che assicurasse anche riservatezza».A fare quadrato con il premier è anche il ministro degli Esteri, che sulla «assoluta rettitudine» di Berlusconi non nutre dubbi. E come Alfano, anche Franco Frattini è certo che la vicenda non avrà nulla a che fare con il lavoro delicato del governo.Insomma, la scelta di Palazzo Chigi di uscire allo scoperto è stata approvata dai collaboratori più stretti del governo. Ma non solo. Anche l’ex alleato Pier Ferdinando Casini segue con attenzione le vicende delle ultime ore, proprio quando il corteggiamento berlusconiano si fa più pressante. Il suo scarno commento, dopo giorni di silenzio, è tutt’altro che di chiusura nei confronti del Cavaliere. «Sulla corruzione – spiega – sono state dette cose importanti dal presidente del Consiglio», ma ora «passiamo dalle parole ai fatti», aggiunge.«Il governo deve dirci come intende estirpare il fenomeno», concorda il segretario del Pd Pierluigi Bersani. «Ampliare a dismisura gli appalti di carattere riservato e fuori gara è il classico modo in cui la corruzione può diffondersi». Se dunque il premier vuole usare la linea dura, il leader pd lo attende al varco dei fatti. «Ricordo che c’è il sospetto in alcuni di questi casi, che ci sono state esportazioni illecite di capitale e la ripulitura attraverso lo scudo fiscale. È la giostra di Stato». Quanto al Bossi moralista, Bersani chiosa: «La Lega ha sempre detto "Roma ladrona". Io rispondo che Roma non è ladrona ma a Roma ci sono dei ladroni e la Lega sta con i ladri di Roma».
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