sabato 11 settembre 2010
Frecciata sulle "aziendine" politiche. Ma Schifani: «Fini corretto e non sfiguciabile». La maggioranza, Pdl e Lega, si ritrova a Gubbio e a Pian del Re e riflette sulle tattiche per uscire dall’empasse. Il premier rilancia: «Durerò tre anni» e attacca la magistratura. In Piemonte il senatur cambia idea sul voto: «Nel caso accorderemo la fiducia, abbiamo fatto il federalismo e sono stati rispettati i patti».
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«Ogni interruzione anticipata della legislatura è un evento traumatico e deve trovare motivazioni in circostanze gravi e irreversibili». Renato Schifani scandisce così il suo no al voto anticipato. Lo spiega. Lo motiva. «Dobbiamo onorare il patto stipulato con gli italiani... Senza riforme il Paese si siede e invecchia». Nella saletta ovattata dell’hotel di Gubbio che da nove anni ospita la scuola di formazione politica voluta da Sandro Bondi si ascolta in silenzio il presidente del Senato. «Il Paese ci chiede lavoro e meno pressione fiscale...Il Paese ha bisogno di vedere la propria terra liberata dalla criminalità... L’attuazione del federalismo può aiutare a crescere...».Passano due ore e dalla Russia rimbalzano le parole di Silvio Berlusconi (qui è attesa per questa mattina la sua telefonata) che, inevitabilmente, si accavallano con quelle dell’inquilino di Palazzo Madama. Schifani «regala» l’equazione che fa titolo: voto anticipato uguale trauma. Berlusconi, però, esclude questa possibilità. «Il mio governo andrà avanti per i tre anni della legislatura» . È la rassicurazione scandita dal premier nel suo intervento al World Political Forum. Un intervento anche per sgombrare il campo dai dubbi sulla situazione politica italiana. Fini? «Sono piccole questioni di professionisti della politica che vogliono avere la loro aziendina... Certo, sono cose che non toccano la governabilità». Il premier si muove come al solito su più fronti. Ed ecco il nuovo atto d’accusa contro le toghe politicizzate. «Nel mio Paese la magistratura ha raggiunto un potere che non ha limiti... Ancora una volta ha messo sotto accusa i protagonisti della vita politica con accuse assolutamente inventate mettendo a rischio la governabilità del Paese». Una pausa precede l’ultimo affondo. «C’?è una situazione di oppressione del cittadino che non può essere accettata».Mosca e Gubbio si intrecciano. Berlusconi attacca Fini, Schifani è ovviamente più prudente. «Per regolamento e Costituzione il presidente della Camera non è affatto sfiduciabile. E poi esercita il suo ruolo con autorevolezza, imparzialità e professionalità», ripete davanti ai taccuini. Qualche ora dopo tocca a Bondi e la musica cambia. «Fini è come Bertinotti perché un ruolo politico così accentuato non è compatibile con la presidenza della Camera. Lo dicevo allora e lo dico oggi: sono coerente, non cambio idea». Tante le frasi, tanti i ragionamenti. Tutti qui insistono sulla necessità di far durare la legislatura. Franco Frattini usa un immagine efficace e un racconto inedito. «Berlusconi il 25 agosto ha passato due ore a convincere Bossi e Bossi ha capito: anche il piccolo imprenditore padano vuole stabilità e davanti all’ipotesi voto prende il forcone e ti rincorre». I grandi temi si accavallano e la giustizia resta certamente uno di questi. Il premier sfida ancora le toghe e il Guardasigilli prova a gettare acqua sul fuoco cambiando i termini dell’atto d’accusa. «Non occorre scandalizzarsi... Le norme costituzionali in materia di giustizia vanno modificate. D’Alema ci aveva provato 12 anni fa con la Bicamerale... Il malato giustizia fino ad oggi non è guarito». Poi un chiarimento anche su Fini. «In Aula a fine settembre Berlusconi non parlerà del presidente della Camera».Tutti scommettono su un governo che va avanti. O forse tutti vogliono esorcizzare il fantasma del voto. «Questa legislatura deve completarsi», ripete Maurizio Sacconi. «Se il governo cade vincono i fannulloni, la Fiom, il partito della spesa pubblica, l’egoismo, la miopia», chiude Renato Brunetta.
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