venerdì 5 novembre 2010
Alla direzione nazionale del Pdl, il capo del governo riconosce ufficialmente la formazione del presidente della Camera e propone di rilanciare il programma che ha ricevuto la fiducia di tutti: «Non siamo immobili, i risultati sono tanti. Perciò non faremo un passo indietro, ma cinque in avanti». La sua relazione approvata all’unanimità.
- In cerca di stabilità nella chiarezza di Sergio Soave
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«Discorso deludente». Fli non scopre le carte
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La mano tesa a Fli, con l’offerta di un patto di legislatura, c’è. Ma senza neanche quel briciolo di autocritica per l’azione di governo che i finiani sembrano esigere. Anzi, c’è piuttosto l’orgogliosa rivendicazione di una lunga serie di risultati ottenuti, che sono messi in ombra per colpa della cattiva stampa e degli avversari politici. E anche la certezza che gli attacchi che gli vengono mossi in questi giorni siano il frutto di una antica campagna politica mirante ad abbattere illegittimamente il suo governo, con lo zampino di certe procure e, forse, anche di una mafia che si vendica per i colpi inferti. Non è stato, quello di ieri di Silvio Berlusconi alla direzione del Pdl, un discorso incendiario. Ma, a ben vedere sotto i toni pacati, nemmeno tutto giocato sulla difensiva. «A quelli che ci accusano di immobilismo – ha alzato il tono Berlusconi – e che ci chiedono di fare un passo indietro, rispondiamo che di passi ne faremo cinque in avanti». E, dunque, il nodo politico più pressante, quello dei rapporti con Fini e i suoi, è risolto così. Prendendo atto della formazione di un gruppo autonomo, al quale viene offerto nuovamente «un patto di legislatura», basato sui famosi cinque punti programmatici sui quali ha ottenuto la fiducia anche del gruppo dei finiani. «Cosa è cambiato da allora?», si è chiesto retoricamente il presidente del Consiglio. E allora, a Fini e ai suoi manda a dire che «non si può, da una parte, chiedere al governo di governare e, dall’altra parte, frapporre continui ostacoli al lavoro del governo». E, dunque, se la volontà di proseguire c’è  si continui a lavorare. Altrimenti, se c’è voglia di staccare la spina, «lo si dica apertamente, lo si giustifichi di fronte al popolo italiano». Con una prospettiva che non è certo quella di un governo tecnico, ma unicamente quella del ritorno alle urne. Il premier ha bocciato più volte e con parole durissime l’eventualità in questa legislatura di un governo diverso dal suo, bollandola come «un governo di rottura nazionale, un governo illegittimo degli sconfitti, privo di legittimità democratica e popolare, un governo incapace di produrre stabilità». E ha ammonito Fli a non andare dietro alle sirene delle sinistre che «vogliono archiviarmi. Ma questo – ha avvertito – non avverrà con una congiura di palazzo: gli italiani non lo permetterebbero». Dunque, il Pdl e la Lega «sono pronti al voto», ma certo, è stato il suo ragionamento, andare alle elezioni sarebbe irresponsabile, fermerebbe il cammino di riforme in cantiere, in una fase molto delicata, Allora la speranza è in un ravvedimento di Futuro e Libertà, in una assunzione di responsabilità di fronte al rischio caos che si prospetta con un eventuale governo delle sinistre. Dal palco, il Cavaliere ha negato ogni addebito sulle vicende scandalistiche di queste ultime settimane. Ha parlato di «attacchi indegni e abbietti», di «campagne di fango e aggressioni mediatiche fondate sulla menzogna», e delle manovre ostili di «certi poteri, per interesse di casta o personali», anche attraverso «espedienti costruiti ad arte in certe procure», per sostituire il loro potere «a quello deciso dalla sovranità popolare». Davanti a questa marea di fango ha poi rilanciato un grave sospetto :«Dietro quel che succede in questi giorni nessuno può escludere che ci sia anche la vendetta della malavita».
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