mercoledì 17 marzo 2010
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«La vicenda della procura di Trani che controlla il presidente del Consiglio che parla al telefono è un grave segno di libertà mutilata e offesa». Silvio Berlusconi si sofferma su quelle ultime due parole: mutilata e offesa. Le ripete. Anche nelle conversazioni più private. Poi, senza cambiare tono di voce, allarga il ragionamento e sferra l’ultimo atto d’accusa contro quei magistrati che «spendono il denaro del contribuente per fare costose intercettazioni a tappeto e cercare delle ipotesi di reato in ciò che il presidente del Consiglio dice da mesi in tutte le sedi, sia in privato sia in pubblico». Prende fiato il premier prima di scandire l’affondo finale. «... Il tutto in violazione della competenza territoriale e dell’intero codice di procedura».Chiuso quasi tutto il giorno nella roccaforte romana di palazzo Grazioli, Berlusconi riflette silenzioso. Pensa alla grande manifestazione di sabato. Al voto di fine mese. E all’ultima offensiva della magistratura. Poi ripete: «Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l’alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente per influenzare il voto dei cittadini». Attacchi a orologeria? Il premier annuisce. «Sì, attacchi a orologeria... Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste ed hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati...». Una pausa. Lunga. Per pensare. Poi ancora un colpo. «Ci provano anche con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti... Di fronte a questo ultimo attacco, però, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire».Reagire? «Andremo in piazza: non lo facciamo mai, ma a Roma dicono "quando ci vuole ci vuole"... Lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati». È l’ennesimo affondo contro la «magistratura politicizzata». Berlusconi alza la voce contro le ultime offensive delle toghe. «Mosse pensate per sottrarre molto tempo all’attività di governo e c’è da chiedersi – confida il Cavaliere – se una delle finalità sia proprio impedire al presidente del Consiglio di lavorare». Bisogna reagire, ripetono ai piani alti di Palazzo Grazioli. Con la manifestazione di sabato. Ma anche con una «riforma radicale» della giustizia che non è più rinviabile. È un momento complicato. Ma nonostante tutto il premier prova a guardare avanti con ottimismo. «Vedrete a piazza San Giovanni saremo in 500 mila», ripete il premier ai suoi collaboratori più stretti. Poi con la testa al voto regionale esorcizza il rischio astensione. «Oltre ad insultare e demonizzare l’avversario la sinistra cerca di seminare il dubbio dell’astensione per spingere i moderati a non votare». Ma non sarà così. «Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra che è sempre più scoperto e sempre più pericoloso... Sono sicuro che tutti i moderati e i riformisti reagiranno a questa tendenza e andranno in massa alle urne per difendere legalità e democrazia».
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