giovedì 8 novembre 2012
Scontro nell’ufficio di presidenza. L’ex premier: serve uno come me nel ’94. Il segretario contrattacca: decidiamo o siamo morti. Poi il Cav si convince.
CANTIERE MODERATI Trenta giorni per un nuovo soggetto politico
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Le piroette da infarto di Berlusconi. L’offensiva a denti stretti di Alfano contro il suo ex mentore. L’ufficio di presidenza del Pdl delibera sì - e all’unanimità - il via libera alle primarie, ma al termine di una riunione di cinque ore in cui tra il Cavaliere e il segretario si consuma una frattura pesante. Resta infatti il forte sospetto che l’ex premier abbia in mente ben altre idee, altre ricette. E a conti fatti poco incide sulla percezione generale la conferenza stampa finale in cui i due si presentano per dire che «è tutto falso», che c’è «accordo totale».Il Cavaliere gela i 50 colonnelli azzurri con un affondo che cancella dieci giorni di annunci: «Le primarie non sono salvifiche. Serve uno choc, servono volti nuovi». È solo l’antipasto. «Serve – insiste - un Berlusconi del ’94». L’ex premier parla a ruota libera, diversi dell’ufficio di presidenza inviano le frasi alle agenzie e le postano su Twitter. Berlusconi ne è consapevole, e rincara la dose: «Sui candidati ho sondaggi pessimi. E poi questi convegni in ogni provincia porteranno solo allo scoperto le nostre faide interne, quelle che hanno portato allo schifo i nostri elettori».Quando Berlusconi lascia la parola è il caos. Il tesoriere Rocco Crimi rimette il mandato nelle mani del presidente. Lui, fedelissimo di Arcore accusato dalla nuova dirigenza post-Silvio di aver chiuso i cordoni della borsa, lui che ha anche registrato il marchio "Italia pulita" nell’eventualità che l’ex premier si mettesse in proprio. A questo punto Alfano si alza. Sullo smartphone legge le agenzie, comprende che si sta avvicinando il baratro. Poi prende la parola: «Ho il diritto di replicare, domani non voglio "retroscena" su di noi, voglio che sia tutto in chiaro, si prenda o no una decisione. E guardate che se non prendiamo una decisione siamo morti». Cala un silenzio surreale. E Angelino ribatte colpo su colpo: «Mi assumo la responsabilità delle primarie, farle è una questione di serietà. Se torniamo indietro saremo barzellettati. Io sono per andare avanti». In realtà pare che la frase del segretario sia stata un’altra, «non siamo barzellettieri», ma la versione ufficiale è più soft, per evitare riferimenti impliciti ed espliciti alla nota verve comica del Cavaliere.Poi il segretario si fa ancora più duro: «Il Berlusconi del ’94 non c’è, perciò dobbiamo sceglierlo tra di noi». E guarda dritto negli occhi Silvio: «Cosa vuoi, che continuiamo ad inseguire gelatai ed ex presidenti di Confindustria?», dice riferendosi alla volontà dell’ex premier di investire - scavalcando la base - prima Montezemolo, poi Marcegaglia, poi l’imprenditore dei gelati Grom, infine il banchiere Samorì. «Silvio – insiste –, possiamo non fare le primarie solo se ti candidi tu, è questa l’unica clausola che ci siamo sempre dati...».Dopo queste parole, al fianco di Berlusconi non resta nessuno. Fuori da Palazzo Grazioli si fanno sentire Santanchè e Biancofiore per incoraggiarlo a rottamare tutto e tutti, ma loro non sono in quella stanza, dove la gran parte dei 50 si schiera invece con Alfano. Allora Silvio si ammorbidisce: «Il mio era uno sfogo. Le primarie si devono fare. Sono una risorsa a vostra disposizione...». E così si addolcisce anche Alfano: «Andiamo avanti con quanto deciso, l’alternativa è la rivoluzione, l’azzeramento di tutti i dirigenti e dei ruoli in Parlamento». Ma sono ormai frasi di rito. Lo scontro in diretta Twitter si è ormai consumato. C’è solo da presentarsi alla stampa per rimettere insieme più cocci possibili.​
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