martedì 25 settembre 2012
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​È una «disgrazia», ma è anche l’«ultima opportunità» per realizzare il disegno che cova da tempo: azzerare tutto, mandare a casa la vecchia guardia. E farlo ora che i colonnelli hanno troppo da farsi perdonare per alzare la testa e opporsi. Silvio Berlusconi prepara la reazione: forse già oggi parlerà, azzarderà il nuovo Predellino, farà diluviare sul Pdl. Costi quel che costi. Sperando che - come dice qualcuno nel partito - non sia troppo tardi. «Ora basta – è la furia dell’ex premier –, sarò io a pretendere pulizia».Già di primo mattino il Cavaliere aveva capito che Casini l’aveva spuntata, intestando a sé la partita della moralità e della pulizia, incoraggiando Renata Polverini a farsi da parte come già la governatrice aveva in mente di fare. Quando la presidente del Lazio si è recata alla Camera per parlare con Angelino Alfano e Maurizio Lupi la decisione era già presa ed era stata comunicata sia al Colle sia a Palazzo Chigi. I due hanno dovuto incassarla. E provare a farla propria. Lo testimonia la tempestiva nota di Osvaldo Napoli, ufficiale di collegamento berlusconiano, che chiede alla presidente del Lazio di fare un passo indietro mentre il resto della truppa Pdl ancora spera che la giunta tenga. È il segnale che Berlusconi ha cambiato rotta, vuole attutire il danno per preparare il rilancio.Anche la nota ufficiale di Alfano è buona solo per nascondere la delusione per un ritorno alle urne che viene visto come il fumo negli occhi, la tessera che potrebbe innescare l’effetto-domino nelle regioni governate dal centrodestra, Lombardia in primis: «Renata ha compiuto una scelta di dignità, lei non ha fatto nulla di immorale né di illegale, ha sfiduciato un Consiglio regionale che mai avrebbe potuto assicurare la prosecuzione del cammino», è stata travolta dal peso di «mortificanti individualità». Perciò, dice il segretario Pdl, «non abbiamo provato a trattenerla».È andata effettivamente così. Non c’era più nulla da trattenere. Poco prima Polverini aveva incontrato Pier Ferdinando Casini, Lorenzo Cesa e il riluttante Luciano Ciocchetti. Risolto il nodo tra la volontà dell’Udc nazionale e le resistenze del gruppo regionale, Casini ha parlato chiaro: «Renata, così non vai avanti. Se lasci ne esci bene, altrimenti sarà uno stillicidio che ti porta comunque verso le dimissioni». Per il leader Udc una decisione tribolata e sofferta, ma ha pesato molto il presidente Rocco Buttiglione nel far prevalere la sensibilità diffusa nel Paese sugli equilibri interni di partito. Il faccia a faccia tra Casini e la presidente del Lazio scatena una ridda di voci sul futuro politico dell’ex leader Ugl, ma fioccano smentite.Ma il Cavaliere non ritiene persa la partita più importante, di cui il Laziogate è solo l’antipasto, quella per l’elettorato moderato alle elezioni nazionali. Di fronte ad un partito che implode di suo, Berlusconi sembra avere meno timore del passato di dare una brusca accelerata. "Cancellare" il Pdl dalla memoria collettiva, sostituirlo con il ritorno in grande stile di una formazione stile "Forza Italia", offrire la disponibilità ad un passo indietro per recuperare Luca Cordero di Montezemolo, Oscar Giannino e altri che si propongono - al momento in contrasto con Casini - per la stessa porzione di elettorato. Uno scatto che avrebbe voluto fare più avanti, dopo la riforma del sistema di voto. Ma che ora, con paginate di scandali sui giornali, sembra non poter essere più rinviato.
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