«In primis» c’è Tremonti. Berlusconi scompiglia di nuovo le carte della maggioranza e lancia il ministro del Tesoro come candidato alla premiership nel 2013, nel caso lui dovesse fare un passo indietro. È un’investitura a sorpresa, annunciata poche ore dopo il voto sulla Libia dal salotto di
Porta a porta. Che puntella la nuova sofferta tregua con
Giulio e con la Lega, ma che non solo insospettisce l’interessato e il Carroccio, ma crea nuovi malumori in ampi pezzi del Pdl e dell’esecutivo.Appena tre settimane fa, in una cena riservata con alcuni cronisti stranieri, il Cavaliere aveva invece tessuto le lodi di Angelino Alfano. Una mossa che inasprì le polemiche interne alla maggioranza, e nei fatti consolidò la sua leadership. Stavolta, con Bruno Vespa, Berlusconi fa un discorso più articolato: «Se sarò ancora necessario per il centrodestra non mi tirerò indietro, se invece verranno fuori altre personalità, Tremonti
in primis, allora io lascerò il governo e mi occuperò del Pdl». Anche se a indicare il candidato premier saranno soprattutto «i tanti sondaggi di cui disponiamo».Tra gli azzurri la sensazione è che il Cavaliere voglia soltanto allentare il pressing di via XX Settembre e del Carroccio per arrivare sino a fine legislatura. Ma Berlusconi va oltre l’investitura, sposando in pieno la politica economica del ministro Tremonti: «Il nostro bilancio richiede assoluto rigore, Giulio non può inventarsi risorse che non ci sono». I due, d’altra parte, hanno cenato insieme l’altra sera per un incontro chiarificatore, e sabato hanno avuto un "vivace" colloquio telefonico. Risultato, il premier sposa anche un’altra tesi del Tesoro: «Non è possibile ridurre la pressione fiscale, nessun Paese europeo può farlo mentre la crisi globale ancora non è finita... Il governo ha fatto il massimo, ha speso 34 miliardi per chi ha perso il lavoro e non ha messo le mani nelle tasche dei cittadini».Una presa di posizione significativa, perché Berlusconi sembrava attendere proprio un segnale sul fisco che gli facesse da sponda in vista delle amministrative della prossima settimana, e perché da tempo riceve le lamentele dei ministri e dei parlamentari azzurri sull’"avidità" del Tesoro, considerata invece «necessaria» dal Carroccio. Se si aggiunge che in serata, dopo i giorni di gelo che hanno seguito il vertice italo-francece su Libia, immigrazione e Parmalat, il presidente del Consiglio ha incontrato proprio Tremonti, Bossi e i vertici della Lega per «un fruttuoso vertice sui tempi delle riforme da portare a termine entro la legislatura», il quadretto della rappacificazione ufficiale è completo.Ma nei passi pubblici che sta muovendo Berlusconi l’obiettivo resta quello di tutelare l’esito delle amministrative, che i sondaggi continuano a considerare in bilico, in particolare a Milano e Napoli: «Sono un test politico, ma sono convinto che vinceremo». Nel capoluogo lombardo, in particolare, il Cavaliere conta di «vincere al primo turno». È dunque un rilancio su tutta la linea, compreso allargamento della maggioranza («tanti sono insoddisfatti del loro partito...») e rimpasto (il Cdm di oggi potrebbe decidere la seconda tranche di ritocchi promessi ai responsabili).Nell’intervista con Vespa c’è un veloce passaggio sulle accuse-non-accuse che gli rivolge il pentito di mafia Giovanni Brusca circa le stragi del ’93 («sono irreali, mai avuto contatti»), mentre molto più a lungo si ferma sugli scenari successivi all’uccisione di Benladen: «Tutti i paesi democratici temono ritorsioni, teniamo le antenne alzate come tutti i servizi segreti occidentali». Poi minimizza - è l’unico punto in cui si scosta dalla linea leghista - sulla questione delle ondate migratorie dal Nord Africa: «Siamo un paese da 60 milioni di abitanti, non dobbiamo aver paura di poche migliaia di persone... comunque cercheremo di distribuirli in tutta Europa».Il rush finale è sulla giustizia. Per due volte si confonde, e invece di «fine della legislatura» dice «fine della magistratura». Ma lapsus a parte, l’affondo è di nuovo pesante: «È in corso una campagna eversiva da parte della procura di Milano, i processi a mio carico sono ridicoli e gli italiani devono tenerne conto, vogliono farmi fuori». La risposta politica, continua, sarebbe l’«epocale» riforma costituzionale della giustizia, ma approvarla non sarà facile perché «le opposizioni, con le quali non si può dialogare, faranno di tutto e di più». A
loro, e non a
noi, alla sinistra «erede del Pci e sostenuta dai centri sociali» va addebitato anche l’attuale clima da «guerra civile». La chiusa è una gag calcistica: lo scudetto del Milan sarebbe il 27esimo trofeo, e, non lo nega, potrebbe portare voti. A presidenti così, sogna, «si intitolano gli stadi».