martedì 1 marzo 2011
Il premier parlando a Milano ha detto che è necessaria una riforma istituzionale per modernizzare il Paese e ha spiegato l'iter di una legge e il ruolo dei vari poteri, compreso quello del capo dello Stato e del suo staff. Napolitano sceglie di non rispondere. Ma le opposizioni sparano a zero.
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Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha sottolineato la necessità di una riforma istituzionale per modernizzare il Paese, ha spiegato l'iter di una legge e il ruolo dei vari poteri, compreso quello del capo dello Stato e del suo staff «che interviene puntigliosamente su tutto». Berlusconi ha ricordato l'iter di una legge «quando decidiamo una legge - ha spiegato - avendo avuto l'ok dal presidente della Repubblica e dal suo staff che interviene puntigliosamente su tutto, la mandiamo in parlamento, entra nelle commissioni, viene discussa e cambiata, poi va nell'aula, poi nell'altra e ancora nelle commissioni, viene discussa, vi sono i veti dei giudici che dicono la loro anche quando non dovrebbero e autorità che intervengono quando non devono intervenire». «Poi - ha aggiunto - se per caso al capo dello Stato non piace, ritorna alla camera e al parlamento e se non piace ai pubblici ministeri di sinistra, ricorrono alla corte costituzionale che la abroga».«C'era un patto con la magistratura e con l'associazione dei magistrati per non fare la riforma della giustizia e cio' che a loro non andava bene». Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi spiegando che ora, dopo la diaspora di Fini, il governo potrà fare le cose che prima non era riuscito a fare.«I tempi della giustizia - ha detto - sono troppo lunghi. Otto-dieci anni per la giustizia civile, e 14 o 16 per quella penale. È stata l'Europa a sollecitare una riforma, ma dato che io sembro essere il protagonista della storia dell'Universo, e avrei qualche beneficio, non si può fare». Berlusconi ha quindi ricordato di avere avuto «103 procedimenti, con oltre 50 andati a dibattimento». «Le intercettazioni nei paesi civili non sono neanche valide come prove»,  ha dichiarato sottolinenando come queste sono anche formate da «computer che catturano parole e le mettono insieme, e poi ci sono gli imitatori». A suo avviso «non viviamo in un Paese libero in cui ciascuno può parlare liberamente al telefono senza essere ascoltato e vedendo poi quello che dice il giorno dopo sui giornali». Per questo «mandiamo avanti prestissimo in parlamento una legge che aveva trovato il no di Fini, ma ora abbiamo una maggioranza minore nei numeri ma più coesa».
 
«Dovete sapere che il presidente del consiglio non ha alcun tipo di telefonino, perché è esposto a qualsiasi tipo di intercettazione». «Tutti - ha aggiunto Berlusconi - sono ormai convinti che è una questione di libertà il fatto di non poter parlare liberamente al telefono. Per questo io sono tornato indietro e non uso più il telefonino». Ha parlato anche del processo breve Silvio Berlusconi nel suo intervento all'Unione del commercio di Milano, che lui preferisce però definire processo «in tempi ragionevoli». Berlusconi ha ricordato che l'Unione europea ha inflitto delle pesanti sanzioni all'Italia proprio per l'eccessiva lunghezza dei processi, ma il processo breve «siccome c'è sempre un processo a Berlusconi, la sinistra dice che non si fa. Non so come andrà a finire, ma è estremamente difficile. L'opposizione non è socialdemocratica, noi abbiamo i vecchi comunisti».IL COLLE FA SPALLUCCE: LE CRITICHE? NOTA DI MERITONessuna replica ufficiale dal Quirinale al nuovo attacco da parte del presidente del Consiglio. Un silenzio, questo di Napolitano, deciso innanzitutto per non alimentare i conflitti già esistenti. Ma anche perché, racconta chi ha potuto parlargli ieri, il capo dello Stato non considera, a ben vedere, le parole di Berlusconi offensive più di tanto. Né, tanto meno, una novità. Al Quirinale si ricordano di quando il premier, in un discorso dal contenuto simile, aveva detto che lo staff della presidenza della Repubblica gli «cambiava pure gli aggettivi». E, quanto al contenuto delle critiche, si tratta pur sempre di un’attestazione di merito, il segno che gli uffici del Quirinale fanno il loro dovere scrupolosamente, come deve essere in uno Stato di diritto. E, anzi – questa è la conclusione – se tutti esercitassero lo stesso zelo, lo stesso rigore, lo stesso puntiglio, forse ci sarebbero meno conflitti istituzionali. Se il capo dello Stato, insomma, archivia la nuova polemica con un’alzata di spalle, dalle opposizioni arrivano invece bordate in direzione di Palazzo Chigi. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani è lapidario: «In una giornata di lutto per l’Italia, Silvio Berlusconi avrebbe dovuto lasciare da parte sciocchezze e battute». E il suo vice Enrico Letta sbotta: «Berlusconi cerca alibi per tentare di giustificare la sua incapacità a governare. Invece di rivolgere ignobili accuse al Quirinale, dovrebbe ringraziare per il fatto che al Colle c’è una persona equilibrata e con grande senso delle istituzioni come Napolitano». Leoluca Orlando, portavoce dell’Italia dei Valori, gli fa eco: «Giù le mani da Napolitano, che vigila affinché la Costituzione non diventi anch’essa ad personam. Il presidente del Consiglio, evidentemente, non ha mai letto la Costituzione ed è allergico a qualsiasi controllo democratico e regola che non sia a suo favore». In campo anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini: «Berlusconi prova a fare una riforma della giustizia inseguito dai suoi processi e con provvedimenti ad personam e poi se la prende con i magistrati e Napolitano». «Anche gli studenti in giurisprudenza – ha proseguito Casini – sanno che chi vince le elezioni non è il padrone. Le leggi, per essere e diventare tali, devono avere in sé i requisiti della legittimità». Berlusconi ha vinto le elezioni e siede a Palazzo Chigi «perché ci deve stare. Ma tutti sanno che non sta governando». Il leader centrista esemplifica: «Da una parte parla dei gay, poi contro la scuola pubblica, fa propaganda come se fosse il leader dell’opposizione. Per mesi ha minacciato le elezioni politiche, ora ha letto i sondaggi e dice che quell’appuntamento è a scadenza naturale». Dura la conclusione: «Il presidente del Consiglio dovrebbe risolvere i problemi, non fare spot su cose che egli stesso avrebbe dovuto fare. Questo piazzismo di ritorno è inutile per il Paese». Giovanni Grasso>
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