mercoledì 16 giugno 2010
Timori per i giudizi del Colle e della Consulta. «Ma siamo tutti spiati, è intollerabile». L’obiettivo è evitare lo scontro istituzionale. Bossi favorevole a cambiare il testo. Il pressing dei finiani sulle norme più controverse. Vertice Pdl: probabile che la discussione della riforma alla Camera slitti a settembre.
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In Italia «siamo tutti spiati» e questo è «intollerabile», secondo il presidente del Consiglio. In base ai suoi calcoli, molto contestati da magistrati e addetti ai lavori, sono sette milioni e mezzo gli italiani sotto controllo. Eppure la riforma delle intercettazioni al vaglio del Parlamento, quando sarà approvata, rischia di essere impugnata dai «pm della sinistra» e così «la Corte costituzionale la abrogherà». Perciò, pur di metterla al sicuro, Silvio Berlusconi è disposto a smussare ancora gli spigoli di un testo che, personalmente, considera già fin troppo morbido. Dopo le assise di industriali, albergatori e artigiani, ieri mattina il Cavaliere ha scelto la platea dell’assemblea di Confcommercio, presieduta dall’amico Carlo Sangalli, per sfogarsi. Ma la giornata, cominciata con i fuochi d’artificio, si è conclusa con un’apertura, per molti versi inattesa, sia sui tempi d’approvazione del provvedimento, sia su nuove modifiche ai punti ancora controversi. L’obiettivo principale, sembra di capire, è proprio quello di neutralizzare ogni rischio d’impatto con lo scoglio della Consulta, sottraendo questo disegno di legge alla sorte toccata in passato ai Lodi Schifani e Alfano.La chiave interpretativa del cambiamento di rotta sancito ieri va cercata nel vertice del Pdl tenutosi ieri pomeriggio e nel messaggio spedito poco prima dalla Lega Nord, anzi da Umberto Bossi in persona: «C’è spazio, se qualcuno presenta qualche emendamento non viene buttato nel cestino». E così sarà: le principali candidate al cambiamento potrebbero essere le norme meno digeribili anche alla minoranza interna finiana, ovvero il meccanismo di proroga di tre giorni in tre giorni oltre la soglia temporale del mese e mezzo, ma anche le limitazioni alle intercettazioni ambientali e le regole sui cosiddetti reati "satellite", quelli che emergono da registrazioni disposte per altre ragioni. «Così Fini non avrà più pretesti per proseguire lo scontro», avrebbe confidato il capo del governo ai suoi.Comincia oggi, in commissione Giustizia di Montecitorio, l’iter del ddl approvato al Senato qualche giorno fa tra polemiche furiose. «Le basi per approvare tempestivamente il provvedimento ci sono», ha dichiarato il capogruppo in commissione del Pdl Enrico Costa. Ma sembra ormai l’unico ad andare di fretta, dopo la riunione di ieri tra il Cavaliere e lo stato maggiore del partito. Il presidente dei deputati Fabrizio Cicchitto e il coordinatore Ignazio La Russa sono usciti da Palazzo Grazioli molto più cauti sui tempi per l’approvazione. «Abbiamo verificato che esiste un intreccio di calendario – ha rilevato La Russa – che coinvolge tre temi per noi ugualmente importanti: la manovra, la riforma dell’università e le intercettazioni. Non ci sono pregiudiziali, cioè uno non deve andare per forza prima dell’altro».Ma due giorni fa, davanti alle obiezioni di Fini sulla centralità del calendario, non era stata questa la posizione espressa dalla maggioranza del Pdl. Qualcosa è cambiato, dunque, nella strategia di Berlusconi. E forse la prudenza ha origini istituzionali: «Sento che ora si parla di andare a settembre – ha spiegato ieri mattina alla Confcommercio – poi bisognerà vedere se il capo dello Stato firmerà il ddl e poi, quando uscirà, ai pm della sinistra non piacerà e si appelleranno alla Corte costituzionale che, secondo quanto mi dicono, lo boccerà».
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