mercoledì 15 dicembre 2010
Senato e Camera (per tre voti) hanno confermato la fiducia all’esecutivo. Ora Berlusconi non esclude una «crisi pilotata» per allargare la maggioranza. Bossi toglie il suo veto sui centristi. Decisivo per tenere in vita il governo il voto di tre deputati futuristi, in dissenso dal gruppo: Siliquini, Moffa e Polidori. Casini per ora chiude: «Gli abbiamo chiesto di dimettersi, ha voluto la conta, ora provi a governare».
- Ritorno alla politica di Marco Tarquinio
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Quando Silvio Berlusconi lascia il Quirinale, il cammino dal Colle verso Piazza di Pietra, alla presentazione del libro di Vespa, è proprio in discesa. Dopo la risicata vittoria alla Camera è convinto che quei tre voti possono essere ora la base  da cui ripartire. Al Capo dello Stato il presidente del Consiglio ha ripetuto i suoi nuovi impegni programmatici e la sua speranza, ora, in un ampliamento della base parlamentare. E Giorgio Napolitano, da «spettatore» sin qui molto preoccupato per una possibile crisi al buio, è oggi un potenziale alleato per segnare un nuovo corso. Per ridisegnare l’agenda delle priorità (come Berlusconi gli ha prospettato ieri nel breve colloquio, durato una mezz’ora) alla luce di una crisi economica per la quale Napolitano non fa mistero di essere seriamente preoccupato. E per allargare la maggioranza, come chiede a gran voce la Lega. «Altrimenti meglio il voto», dice Roberto Maroni. E Umberto Bossi asseconda il nuovo corso possibile: «Nessun veto sull’Udc», dice ora il Senatur. «Anche se c’è il problema del federalismo», aggiunge subito, ricordando il macigno della riforma che i centristi non hanno votato.«Napolitano ha detto chiaro che una campagna elettorale non sarebbe positiva per il nostro Paese», ribadisce il premier. Ora anche la «crisi pilotata», prospettiva aborrita fino a ieri, è uno sbocco possibile, se servirà a segnare quella discontinuità che l’Udc continua a chiedere a gran voce. D’altronde, dopo la doppia fiducia di ieri, non c’è da dubitare sul reincarico, e il colloquio da cui è reduce, al Quirinale, lo ha rassicurato ulterioremente. Quanto ai finiani, invece, «ogni trattativa è chiusa». Puntando, semmai, sullo smottamento di Fli.Offerta all’Udc, quindi, e porta chiusa a Fini, puntando così a scompaginare la saldatura di una nuova alleanza al centro. Ma il premier, che ieri ha avuto un siparietto con Pier Ferdinando Casini alla Camera (sentendosi ribadire: «Dimettiti e poi si può parlare») non esclude un pressing sul gruppo centrista, se il leader dovesse continuare a mettere i bastoni fra le ruote di un’intesa che, per Berlusconi, è già nelle cose. E nei colloqui privati già assicura che anche 3 deputati dell’Udc, oltre a 7 di Fli, sarebbero pronti a passare con la maggioranza.È corretto parlare di una riforma della legge elettorale fermo restando il bipolarismo? È corretto parlare di un accordo tra Lega e Udc tra federalismo e famiglia? Berlusconi non sfugge alle domande che Vespa gli fa su un possibile Berlusconi-bis. Di cui non si è parlato, ieri, con Napolitano, ma che certo non troverebbe un ostacolo nel Quirinale, una volta che le basi politiche per il cambio di passo si mostrassero concrete. «È una interpretazione assolutamente aderente», avalla su tutta la linea il Cavaliere, con un Vespa gongolante per averci visto giusto.Porte aperte in tutte le direzioni, anche ai «democristiani di sinistra che sono nel Pd». A tutti, tranne che al Grande Nemico. Fini? «Alla fine è venuto fuori che per lui ero un’ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi nella propria carriera», ironizza Berlusconi. Ma evita di infierire su quelle dimissioni, richiesta risuonata a gran voce dai banchi della maggioranza a Montecitorio, una volta che il presidente aveva assolto all’ingrato compito di sancire l’esito finale. «Dimissioni di Fini? Mi consenta di non rispondere».Preferisce insistere invece sulle nuove basi programmatiche possibili per l’allargamento. «Il quoziente familiare è una nostra preoccupazione, è nel nostro programma. È subordinato soltanto alla possibilità di trovare i fondi», assicura. «Andremo in due direzioni: innanzitutto, ci dovranno essere sgravi per le famiglie numerose, non è giusto che un capofamiglia di una famiglia numerosa paghi le stesse tasse di un single; poi, procederemo a una riduzione dell’Irap, che in certi casi è già stata ridotta, soprattutto per le pmi». E insiste: «Su questo non credo vi siano difficoltà a trovare un accordo tra Udc e Lega».La stessa giustizia non è più un totem: «Sulla riforma – si rassegna Berlusconi – sarà più difficile trovare un accordo. Non ci sarà accordo se non sulla velocizzazione dei processi perchè la vogliono tutti».
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