domenica 15 marzo 2020
Sabato per alcune ore la linea d'emergenza è andata in tilt, la stessa cosa è accaduta nei giorni scorsi. Le ambulanze non bastano più. Il governo manda rinforzi.
I soccorsi

I soccorsi - Forogramma

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Bergamo grida aiuto, ma nessuno sembra sentire. La città e la provincia contano i morti (dieci pagine di necrologie sull'Eco di Bergamo), gli ospedali raccolgono malati di Covid-19 senza sosta. L'ululato delle ambulanze da giorni spezza il silenzio spettrale delle strade. E l'emergenza tocca livelli inimmaginabili. Sabato pomeriggio chi chiamava il 112 si sentiva ripetere di restare in attesa. In qualche caso per decine di minuti. E' successo che un povero operatore della centrale operativa di Bergamo è morto per coronavirus, e si è reso necessario sanificare la sala. Nel frattempo le chiamate sono state deviate su altre centrali regionali, ma l'elevato numero di richieste di soccorso ha mandato il sistema in tilt, costringendo chi doveva portare in ospedale i suoi cari a caricarli in auto e correre disperatamente verso il Papa Giovanni XXXIII. Lo stesso era capitato venerdì sera e nei giorni precedenti.
Chiamare il 112 e non sentire risposta. Questa sta accadendo in questo momento a Bergamo. Un incubo. Di fronte a un'urgenza, non c'è la certezza di essere raggiunti dai mezzi di emergenza, ambulanza o forze dell'ordine che siano. C'è gente che non respira e, visto che non riesce a mettersi in contatto con i soccorsi, sale in macchina e si precipita in ospedale. Perché il sistema di coordinamento è sottoposto a una pressione insostenibile, e vede cadere sul campo i suoi stessi operatori, come accaduto sabato, con la morte del 46enne, rimasto eroicamente al suo posto fino all'ultimo. Ma anche perché non bastano le ambulanze, come ha dovuto amaramente ammettere l'assessore al welfare Giulio Gallera, che durante l'ultima conferenza stampa ha avvisato: “Non ci sono abbastanza mezzi, qualcuno dovrà attendere fino a stasera”. Si creano situazioni paradossali, con famiglie che, dopo aver atteso invano l'autolettiga ed essersi arrangiati con mezzi propri, si sentono richiamare: “Avete ancora bisogno di un'ambulanza?”. Questo accade però molte ore dopo. Addirittura il mattino successivo.

Bergamo sta lottando con i denti, con le unghie. Medici e infermieri sono in prima linea e si ammalano uno dopo l'altro, i contagiati sono sigillati dentro i reparti trasformati in lazzaretti, dove nessuno può entrare per una visita, per portare un po' di conforto. L'ospedale di Alzano Lombardo, focolaio principale dell'epidemia dopo Codogno (o forse in contemporanea, se non addiriturra precedente) è di fatto coordinato dai medici dell'esercito, che da quando sono arrivati hanno imposto nuovi percorsi e procedure, stabilizzando una situazione che era sfuggita di mano. I parenti devono restarsene a casa, magari messi in quarantena, schiacciati da un'ansia insostenibile in attesa di notizie. L'altra notte mancavano anche i corrieri per le consegne, ci hanno pensato le gazzelle dei carabinieri a portare medicine e altri materiali negli ospedali. Tutti sono impegnati nella guerra contro il Covid-19, andando oltre le loro possibilità. Ma ogni giorno che passa è sempre più difficile resistere all'assedio del male. Si attendono i rinforzi, che però non arrivano mai. Bergamo grida aiuto, e spera che ci sia qualcuno in ascolto. Prima che sia troppo tardi.

Ma qualcosa sembra muoversi. Nel primo pomeriggio di domenica il premier Giuseppe Conte ha chiamato a sorpresa la direttrice dell'ospedale Papa Giovanni XXIII, Maria Beatrice Stasi, assicurandole sostegno. La direttrice ha spiegato che servono personale e attrezzature, Conte ha preso nota e promesso di intervenire già nelle prossime ore. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha annunciato che già in serata 20 medici militari raggiungeranno l'ospedale bergamasco.

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