giovedì 30 ottobre 2014
Consegnati a Palermo 530 stabili e terreni tolti ai clan. Il ministro Alfano: accelerare nella partita della legalità.
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La celebrano come vittoria dello Stato sulla mafia, ma i problemi da superare sono ancora tanti. Perché trascorrono anni da quando un immobile viene sequestrato al momento in cui viene affidato a un ente che possa riutilizzarlo a fini sociali. E ancora troppe le imprese confiscate che non riescono a sopravvivere sul mercato, producendo altri disoccupati. Segno che bisogna fare di più. È servita a fare il punto sulla gestione dei beni confiscati la cerimonia di assegnazione di 530 immobili strappati alla criminalità organizzata, svoltasi a Palermo in un luogo simbolo, l’hotel San Paolo confiscato anni fa al costruttore Giovanni Ienna, uomo di riferimento del clan di Brancaccio. Appartenevano a questo imprenditore 263 immobili, tra appartamenti e posti auto in via dei Picciotti  destinati a ospitare alloggi di carabinieri e agenti della Finanza. «Oggi centinaia di beni confiscati sono dati alle forze dell’ordine, oltre che alle coop e alle attività non lucrative che si occupano di agricoltura e servizi – sostiene il ministro dell’Interno Angelino Alfano –. Il messaggio è chiaro: coi soldi e i beni della mafia finanziamo coloro che la combattono. Ora c’è una nuova sfida, l’accelerazione dei tempi dell’attribuzione dei beni dalla metà campo dell’illegalità alla metà della legalità». E ancora: «Occorre mantenere i livelli occupazionali delle aziende epurate dal doping mafioso per non dare argomenti alla mafia». Successo che triplicherà in breve tempo: «Consegniamo 530 beni immobili confiscati in varie zone della Sicilia – aggiunge il prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati – e prossimamente riuniremo il consiglio direttivo e avremo la possibilità di dare un altro migliaio di beni». Sulle notizie di aziende confiscate che rischiano di chiudere e mettere a rischio posti di lavoro, Postiglione frena: «Bisogna ricordare che i lavoratori collegati alle imprese confiscate sono 1.200, di cui 900 in Sicilia e 300 nel resto di Italia. Quelle da salvare sono poche».Sulla necessità di rafforzare l’Agenzia interviene il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti: «Va istituito l’albo degli amministratori giudiziari previsto dal codice antimafia e non ancora realizzato e andrebbe anche attuata l’anagrafe dei beni confiscati. E prevedere incentivi alle aziende che favoriscano l’emersione della legalità come la facilitazione dell’accesso al credito». E valuta con favore il ddl governativo che riorganizza l’Agenzia «nel segno di una maggiore efficienza, che distingue le competenze sulla gestione degli immobili, prevede nuovi poteri del direttore e  aumenta l’organico».I beni consegnati sono a Palermo e provincia, nell’Agrigentino e nel Trapanese. La maggior parte dei beni nel palermitano sono stati confiscati ai costruttori Ienna, Piazza e Salvatore Sansone, ritenuto vicino a Totò Riina. A lui appartenevano i 49 immobili e magazzini assegnati al Tribunale per realizzare un archivio unico. Tra i 131 beni assegnati al sindaco Leoluca Orlando, due edifici da destinare alla Polizia municipale e 56 appartamenti che garantiscono canoni superiori ai 500 mila euro annui che il comune reinvestirà nel sociale.
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