venerdì 11 settembre 2015
Il portavoce del Consiglio italiano rifugiati, Hein: la vera svolta il viaggio del Papa a Lampedusa.33 siriani su un furgone: italiano fermato in Ungheria
Accoglienza, racconta la "tua" storia | La marcia degli uomini scalzi
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Sui rifugiati l’Europa è a una svolta. Ha cambiato approccio e fatto mea culpa. Ma le norme del regolamento di Dublino sono state del tutto superate? Christopher Hein, portavoce del Consiglio italiano rifugiati (Cir), mette in guardia: «Il discorso di Juncker marca un riorientamento fondamentale, ma poi sarà la pratica a dimostrare se saremo in grado di cambiare davvero». Come giudica le aperture del presidente della Commissione Ue? Il Cir apprezza con convinzione l’affermazione di Juncker che di fronte alla crisi dei rifugiati tutti gli interventi politici devono partire dai principi di umanità, dignità della persona e giustizia storica europea. Il discorso segna un ri-orientamento fondamentale, quanto all’assunzione delle responsabilità comunitarie, al dettame etico di accogliere i rifugiati, all’obbligo di tutti gli Stati membri, senza eccezioni, di aprire loro le porte. Permangono però resistenze. Verranno superate? I «no» di alcuni Stati possono essere ampiamente battuti dal voto a maggioranza. Non è questo che mi preoccupa. Con la proposta di ricollocare complessivamente 160 mila richiedenti asilo dall’Italia, dalla Grecia e dall’Ungheria in altri Stati membri si intraprende la strada giusta e opposta a quella del 'Sistema Dublino', che così viene di fatto superato. Tuttavia, è da vedere come funzionerà nella prassi questa distribuzione. È un piano destinato a fallire se i legami dei richiedenti asilo con un determinato Paese (dove vivono parenti, o dove ad esempio vi è una comunità di connazionali) non saranno presi in considerazione, cioè se avverranno trasferimenti decisi freddamente a tavolino. Resta una domanda: i richiedenti asilo e i rifugiati devono continuare a pagare i trafficanti, a rischiare la vita in mare o nei tir perché non è stato varato un ponte umanitario? Il primo atto per ridurre il numero di vittime nel tragitto verso l’Europa deve essere quello di aprire canali protetti e legali per le persone in fuga, per richiedenti asilo e rifugiati. Senza questo, avremo ancora altri morti. Cosa dovrebbe fare un Paese esposto come l’Italia per dare consistenza organizzativa alle parole di Junker? Bisogna attrezzarsi e bisogna farlo presto. Per due anni l’Italia si è lamentata di essere stata lasciata da sola ad affrontare i soccorsi in mare e l’accoglienza dei migranti. Adesso, dopo le aperture espresse dal presidente della Commissione Ue, spetta in primis proprio al governo italiano riuscire a riorganizzare il sistema di gestione dei migranti. Sappiamo che non è facile ricevere, identificare e spostare decine di migliaia di persone. E sappiamo anche che ci sono problemi finanziari da affrontare, ma se non sapremo approfittare di questo momento rivedendo le prassi (per cominciare: dall’identificazione alla definizione dello status di rifugiato) rischiamo di fare la figura di chi prima si è lagnato e poi, una volta accontentato, non è in grado di fare quello che chiedeva. Cosa proponete? Intanto chiediamo al ministro dell’Interno di rivedere la procedura di identificazione, coinvolgendo anche le organizzazioni della società civile a valutare (non più in luoghi chiusi e inaccessibili) il riconoscimento dello status di rifugiato, valutando il ricollocamento in altri Paesi non secondo criteri aritmetici e casuali, ma tenendo conto della effettiva possibilità dei profughi di congiungersi a parenti e conoscenti. Da Merkel a Junker, a cosa si deve questo deciso cambio di passo nella direzione dell’accoglienza? Non ho dubbi: è merito di papa Francesco, che per primo sollevò la questione con il suo viaggio a Lampedusa rimettendo i migranti al centro del dibattito pubblico.Tutto è cominciato allora. Poi grazie anche al lavoro dei media, le opinioni pubbliche hanno preso coscienza spingendo i governanti a ridestarsi.
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