venerdì 7 gennaio 2011
L'ex terrorista rosso rimane in prigione e del suo futuro si parlerà a febbraio, dopo la riapertura dei tribunali brasiliani. È quanto ha deciso il presidente del Supremo tribunal federal (Stf), Cezar Peluso, bloccando così l'immediato rilascio chiesto dai legali, i quali hanno definito «una specie di golpe» tale misura.
- Laudati: «La Corte dell'Aja ci darà ragione»
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Cesare Battisti rimane in prigione e del suo futuro si parlerà a febbraio, dopo la riapertura dei tribunali brasiliani. È quanto ha deciso il presidente del Supremo tribunal federal (Stf), Cezar Peluso, bloccando così l'immediato rilascio chiesto dai legali dell'ex terrorista rosso, i quali hanno definito «una specie di golpe» tale misura. Sulla scia del no all'estradizione annunciato il 31 dicembre dall'ex presidente Lula, nelle ultime ore da Brasilia è giunta un'altra rilevante novità sul caso: un parlamentare brasiliano ha infatti chiesto all'Alta Corte di «sospendere e annullare» tale decisione con un'iniziativa (una acao popular) accolta da Peluso.Come già anticipato, lo stesso Peluso ha d'altra parte messo il caso nelle mani di Gilmar Mendes, uno dei magistrati dell'Stf che è il "relatore" della vicenda in seno alla Corte. Le argomentazioni indicate dal presidente dell'Stf per tali decisioni vanno contro quanto sottolineato dai legali di Battisti e sono invece in sintonia con le posizioni italiane. Peluso respinge per esempio «il carattere eccezionale» relativo al rilascio di Battisti, tema sul quale continua ad avere competenza il plenario, e non la presidenza, della Corte. Nell'affrontare il no all'estradizione da parte di Lula, e in merito a uno degli aspetti chiave dell'intera vicenda, il presidente constata che «non c'è alcun fatto specifico o nuovo» sull'eventuale persecuzione o discriminazione che Battisti possa subire nel caso di dover andare in Italia. Poco dopo la decisione di Peluso è arrivata la reazione del legale di Battisti, Luis Roberto Barroso. La misura decisa «dall'eminente presidente» Peluso «viola» quanto deciso da Lula, «dall'Stf e il principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico di diritto», afferma in una nota Barroso, che non esita a definire tale decisione «una specie di colpo di Stato». Nel rilevare che Peluso «non può trasformare una decisione personale nella posizione dell'Stf», Barroso sottolinea che le dichiarazIoni e notizie pubblicate in questi giorni in Italia «confermano quanto sia giusto» il no all'estradizione voluto da Lula. Nel ricordare che sia Peluso sia Mendes un anno fa si pronunciarono per l'estradizione di Battisti, i media locali rilevano che il caso Battisti, come già capitato altre volte nella vicenda, ha innescato uno scontro fra potere giudiziario ed esecutivo. Agli atti nella Corte c'è d'altra parte la richiesta presentata da Fernando Destito Francischini, deputato dello Stato del Paranà del socialdemocratico Psdb, principale partito dell'opposizione, che ha chiesto di «sospendere e annullare» l'atto di Lula. Secondo Francischini, con il no all'estradizione il governo brasiliano starebbe provocando «una grave crisi diplomatica con il governo dell'Italia».Il tribunale internazionale dell'Aja darebbe «sicuramente» ragione all'Italia, nel caso Battisti, perché il Brasile non ha rispettato del trattato di estradizione. Lo scrive oggi il maggior quotidiano brasiliano, la Folha de S.Paulo, che ha consultato a riguardo alcuni dei principali giuristi del Paese. Francisco Rezek, ex ministro degli Esteri del governo Collor de Mello, ex giudice dell'Stf ed ex membro del Tribunale dell'Aja dal 1997 al 2006, non ha dubbi: «La condanna del Brasile per non aver rispettato il trattato di estradizione in vigore è sicura, ma si spera ancora che l'Stf ripari l'errore commesso dall'ex presidente Lula - ha detto Rezek al quotidiano di San Paolo -. Non è che una decisione della Corte internazionale sia vincolante e obbligatoria, ma è talmente assurda l'ipotesi di non rispettare una decisione dell'Aia che non riesco nemmeno a pensarlo. Non è mai successo». «È impensabile che il governo brasiliano non si adegui alla decisione internazionale - aggiunge a sua volta Maristela Basso, docente di diritto internazionale dell'Università di San Paolo -. Tanto più il Brasile, che intende assumere una posizione di leader mondiale e punta a un seggio nel Consiglio di sicurezza dell'Onu: cadrebbe tutto a terra». Sempre secondo Basso, la situazione all'Aja sarebbe «così favorevole» all'Italia che non sarebbe nemmeno necessario che il governo italiano promovesse una causa, che potrebbe durare fino a cinque anni: basterebbe una richiesta di parere, che non durerebbe più di pochi mesi.UE INSISTE, CASO È QUESTIONE BILATERALEIl portavoce della Commissione europea Michael Mann ribadisce che il caso Battisti è una questione «bilaterale» e che «non è prevista una competenza della Commissione». «Non esiste un trattato di estradizione tra Unione europea e Brasile», ha spiegato Mann sottolineando che è quindi «una questione bilaterale tra Brasile e Italia». «Mann parla a nome dell'intero gabinetto Ashton», ha poi spiegato - nel corso di una conferenza stampa - un altro portavoce della commissione, Olivier Bailly, dopo che ieri la Farnesina aveva commentato le dichiarazioni di Mann come «superficiali» parlando di «caso più complesso» e di una possibile iniziativa Ue, promossa dall'Italia.
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