venerdì 6 maggio 2016
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DALL’INVIATO ANAPOLI La scena più o meno è la stessa di quella che si é verificata con il caso Lodi. Il Pd che va in allarme, che inizia a temere seriamente di avere contro un pezzo di magistratura. E Renzi che spegne il fuoco, cerca di spiegare come la vicenda Morosini sia tutta interna al Csm, riguarda le dinamiche di Palazzo dei Marescialli, le 'guerre' tra le correnti della magistratura. Un chiarimento ci sarà, ma non coinvolgerà direttamente Palazzo Chigi. Avrà come protagonisti Orlando e Legnini, due 'campioni' dell’istituzionalità che possono vantare, tra l’altro, rapporti ottimi. I due si vedranno all’inizio della settimana prossima. Il Guardasigilli chiederà un’unica cosa: che la difficoltà a gestire il complesso mondo delle toghe non interferisca nella delicata fase politica che culminerà nel referendum costituzionale di ottobre. La linea di Renzi e Orlando é «se la vedano tra loro, ma non mettano in mezzo il governo». Tuttavia il vertice tra Orlando e Legnini avrà anche altre due portate. Una gradita alla magistratura e l’altra meno. Il ministro della Giustizia vuole 'ricevere' il vicepresidente del Csm con un accordo abbastanza definito sulla prescrizione, punto sul quale i magistrati chiedono di più all’esecutivo. Si accennerà però anche alla riforma del Csm, illustre dimenticata del piano in 12 punti che Orlando presentò nei primi mesi del suo mandato. Il Consiglio superiore della magistratura ha lavorato a una autoriforma. Ma a fare il ddl sarà il governo. Che ora potrebbe accelerare, perché le vicende degli ultimi giorni confermano come il sistema-giustizia sia tenuto in ostaggio da dinamiche elettorali dominate dalle correnti. Se via Arenula e Palazzo Chigi non riceveranno le rassicurazioni che vogliono sulla «leale collaborazione istituzionale» il tema potrebbe scalare le gerarchie. Nessuno vorrebbe arrivare a tanto, lavorare alla riforma dell’organo di autogoverno nel bel mezzo di tensioni istituzionali. Però a Renzi non manca certo la foga, se sfidato, per lanciare la controsfida. Si confida allora in Orlando e Legnini perché sappiano tirare i freni che servano e tenere il referendum istituzionale al riparo da altri veleni. I due hanno un mandato pieno di Renzi e Mattarella a chiudere questa discutibile parentesi. Il premier e il capo dello Stato, in contatto continuo su ogni tema e quindi anche su questo, concordano che non é il tempo di conflitti e sospetti permanenti. Se persistessero, il capo dello Stato, presidente del Csm, é pronto a richiamare pubblicamente e formalmente a maggiore sobrietà l’organo che presiede. Marco Iasevoli
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