domenica 27 novembre 2022
Il presidente del Centro Sportivo Italiano, Bosio, risponde agli attacchi ricevuti, in cui si parlava in modo sbagliato dell’Ente di promozione sportiva a scopo di lucro
Atleti Csi

Atleti Csi - .

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«La nostra forza è il volontariato, siamo presenti in oltre mille parrocchie e operiamo in tutte le periferie a rischio»
Il 16 novembre, il Corriere della Sera ha affrontato il tema degli Enti di promozione sportiva, mettendo in risalto alcuni aspetti che possono far pensare, erroneamente, a una finalità lucrativa di questi stessi enti. « Finanziamenti pubblici. Chi lucra sullo sport» il titolo a effetto dell’articolo pubblicato a doppia firma, da Marco Bonarrigo e Milena Gabanelli, che partiva dai 288 milioni di euro di finanziamento pubblico erogati dallo Stato, che il Coni decide a chi dare e Sport e Salute sa come suddividere. Della grande torta dei 288 milioni, 16 milioni di euro vanno ai 15 Enti di promozione sportiva (Eps) riconosciuti dal Coni che contano un “popolo” di 9 milioni di soci. Il Csi (Centro sportivo italiano) con oltre 1 milione e 200mila soci, è tra questi Eps, ed è stato chiamato direttamente in causa nel dossier del Corriere. Al suo presidente nazionale, Vittorio Bosio, in quell’articolo vengono rinfacciati i vantaggi fiscali del Csi, ma ciò che colpisce è la sospetta finalità: la capacità di «lucrare» grazie al contratto stipulato con l’Anif (Associazione nazionale impianti sport & fitness) che controlla 800 grandi palestre e centri fitness italiani.

Presidente Bosio, partiamo da questo vostro accordo, ritenuto speculativo, con l’Anif.
No, prima mi faccia fare una premessa: si è detto e scritto, erroneamente, che gli Enti di promozione sportiva «non devono guadagnare ». Infatti, non guadagnano un bel nulla ed è completamente errato metterli sullo stesso piano dei gestori di impianti – dalle piscine ai centri fitness, dalle scuole di danza ai circoli tennis – ai quali le leggi attualmente in vigore consentono di costituirsi come Associazioni sportive dilettantistiche (Asd) o Società sportive dilettantistiche (Ssd) a responsabilità limitata e, in quanto tali, di affiliarsi agli Enti di promozione sportiva e alle Federazioni sportive nazionali. In virtù di questa affiliazione e al possesso dei requisiti previsti dalla legge, le Asd e le Ssd ottengono il riconoscimento ai fini sportivi grazie al quale accedono, sempre a norma di legge, alla fiscalità di vantaggio che riguarda tutto il mondo dello sport, nessuno escluso.

Il presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio

Il presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio - .

Quindi esiste un regime fiscale agevolato?
Certo, ed è unico nel suo genere, perché tiene conto dei benefici sanitari, sociali, preventivi ed educativi, propri della pratica sportiva organizzata, grazie ai servizi e alle offerte sportive e formative degli Enti e delle Federazioni, dalle Asd e le Ssd. Va, però chiarito che, ad oggi, la fiscalità di vantaggio è assolutamente allineata al rispetto di leggi che non dipendono dagli Enti di promozione sportiva o dalle Federazioni, ma sono emanazione diretta del Parlamento italiano.

Infatti, la «società sportiva lucrativa » è stata anche oggetto di una una proposta di legge.
Il Csi, fin dal 2017, sollecitò le forze politiche a prendere in considerazione l’introduzione di tutele del lavoro nell’ambito di una più complessa riforma del sistema sportivo. E il Csi, è stato l’unico fra tutti gli Enti di promozione sportiva, che si dichiarò pienamente a favore della proposta di legge, a firma dell’attuale senatrice Daniela Sbrollini, che prevedeva la creazione della «società sportiva lucrativa »: nome senza dubbio infelice, che, però, individuava uno spaccato reale di palestre, piscine, scuole danza, ecc., che hanno connotati imprenditoriali. Noi abbiamo sempre sostenuto l’esigenza di separare il mondo della gestione degli impianti sportivi da quello della promozione sportiva, ma fino a quando palestre, scuole di danza, centri fitness, piscine, ecc., potranno affiliarsi agli Eps e alle Federazioni sportive nazionali, il Csi non intende respingere nessuno, purché rispetti le leggi e ci sia la volontà trasparente di collaborare a progetti formativi e sportivi, che vadano a vantaggio dei cittadini che li frequentano.

Eravamo partiti dall’Anif, dalle 800 affiliate che controlla e con cui avete stipulato regolare convenzione.
L’Anif è associazione di categoria aderente a Confindustria, ma sia chiaro una volta per tutte: solo 76, e non 800, si sono affiliate al Centro sportivo italiano. Nel Csi sulle 12.342 affiliate, conta il 5% di palestre e centri fitness. Invece di dare i numeri, si presti attenzione ai dati reali. E questi sono facilmente consultabili, perché sono sotto la luce del sole.

Possiamo scorrerli insieme questi numeri “solari”?
L’impatto sulla società italiana di questo impegno, svolto per la gran parte da decine di migliaia di volontari, è difficilmente calcolabile. Però possiamo dichiarare che su 1.237.995 iscritti, 507.574 sono minorenni con i quali svolgiamo un lavoro capillare e quotidiano, mediante la formazione e la pratica sportiva di stampo oratoriale. Siamo presenti in oltre mille parrocchie e oratori, portando avanti da anni progetti di contrasto alla povertà educativa, di prevenzione del cyberbullismo e lo facciamo in collaborazione con realtà a noi affini come Save The Children e l’Istituto degli Innocenti di Firenze.

E poi il Csi è nella rete del Terzo Settore.
Da sempre abbiamo una particolare attenzione per le atlete e gli atleti con disabilità, prevalentemente di carattere cognitivo-comportamentale, che, nonostante la faticosissima ripresa post-pandemia, attualmente sono quasi 7mila, distribuiti in 670 associazioni sportive dove svolgono attività motoria e sportiva. E poi ci sono ragazzi e minori rifugiati: oltre 600 quelli ucraini, in fuga dal conflitto bellico in corso con la Russia, a cui il Csi ha offerto una opportunità di inclusione nel nostro Paese. E anche in questo caso, molte associazioni di promozione sociale che accolgono minori, stranieri e rifugiati, sono entrate nel Registro unico del Terzo Settore, proprio grazie alla nostra vocazione etica e sociale.

Un impegno a 360° dunque e soprattutto su scala nazionale.
Il Csi è presente ovunque e specialmente nelle periferie più difficili e fragili del Paese, come per esempio al Corvetto a Milano, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, Zen a Palermo. Lì contiamo oltre 80 società e 9.400 tesserati che nell’attività sportiva coinvolgono bambini in situazioni disagiate. C’è poi l’attività pluriennale di promozione sportiva in 24 istituti penitenziari, a cominciare dal Beccaria di Milano fino a Poggioreale a Napoli. E molti dei nostri progetti vengono finanziati da risorse esterne e benefiche per non pesare sulle famiglie come, per esempio, il recente Campionato nazionale di Pallavolo Integrata. Questo e molto altro si chiama realtà dei fatti. Dunque, le considerazioni e i dati sbagliati, come i cattivi pensieri se li porta via il vento, mentre rimane tutta la bontà e i frutti del lavoro svolto che vanno in un’unica direzione: la passione e l’essenzialità dello sport da far vivere a tutti, ma soprattutto ai più giovani.

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