sabato 17 dicembre 2016
Il presidente dell'Autorità anticorruzione dopo le inchieste di Milano e Roma ammonisce anche i cittadini: severi con la politica, meno sensibili quando di tratta di comportamenti individuali.
«Basta comitati di affari. Serve prevenzione»
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«Si stanno creando nel Paese gli anticorpi contro la corruzione ma c’è ancora un pezzo di burocrazia e di classe politica che continua a operare secondo i vecchi sistemi, comitati d’affari, persone che non hanno assolutamente cambiato idea». È l’analisi di Raffaele Cantone sui recenti fatti di Milano e Roma. Ma il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione subito aggiunge: «La politica dovrebbe avere il coraggio di recuperare la sua capacità di fare distinzioni, anche perché così più che la magistratura a scegliere, è la politica a sentirsi subordinata alla magistratura. Che deve avere la possibilità di fare le sue scelte con grande libertà e senza farsi influenzare dalle conseguenze politiche. La politica, invece, deve avere criteri di valutazione che non coincidano in tutto e per tutto con quelli della magistratura. Ma deve avere l’autorevolezza per essere in grado scegliere».

Dottor Cantone, partiamo dalla vicenda che vede coinvolto il sindaco Sala.

Si tratta di fatti precedenti al nostro intervento. L’appalto per la 'piastra' è del 2012. Atti che noi non abbiamo mai potuto verificare perché non rientravano nella nostra competenza. Poi siamo intervenuti perché c’erano stati dei problemi che, fra l’altro, avevano riguardato vari arresti e che avevano spinto il governo a fare un decreto legge che istituiva quello che poi è diventato il 'modello Expo'. E successivamente, scongiuri facendo, gli appalti che abbiamo verificato non sono stati oggetto di attività investigativa.

Alla luce di questi ultimi fatti rivede il suo giudizio su Milano 'capitale morale'?

Assolutamente no. Io dissi che dopo gli arresti di Expo del 2014, Milano aveva dimostrato di essere in grado di mettere quegli anticorpi che la potevano far diventare la 'capitale morale'. Perché aveva fatto squadra e era riuscita a far partire Expo pur in un momento in cui erano veramente pochissimi quelli che ci scommettevano.

E Roma? Avete controllato le nomine?

Abbiamo evidenziato vari problemi. Altroché! Anche di 'galateo istituzionale'. Nel prossimo consiglio ci occuperemo anche di Marra.

Ma questi anticorpi stanno crescendo nel Paese? Dagli ultimi fatti non sembrerebbe...

In parte sì e in parte no. Io vedo tante pubbliche amministrazioni che stann o mettendo in campo un impegno sul campo della trasparenza e della legalità, ma vedo anche tante situazioni che restano scarsamente trasparenti.

È una questione di regole o più in generale di moralità del Paese?

Io mi oppongo all’idea di un Paese che sia quasi antropologicamente corrotto. C’è certo una questione di 'andazzi', c’è una posizione culturale che si fa fatica a superare ma ci sono stati dei segnali di discontinuità. Le indagini giudiziarie che vanno avanti sono comunque il segnale che una parte del Paese reagisce.

Alcuni personaggi ritornano sempre. Possibile che non riescano ad essere espulsi dal sistema?

Perché manca una stigmatizzazione forte rispetto ai fatti corruttivi. C’è una sorta di tendenza a giustificare, a ritenere che siano strumenti che possano servire a far camminare le macchine. Molti non considerano il corrotto e il corruttore dei delinquenti in senso stretto, ma i soliti furbi, non dissimili da chi evade le tasse. Anche perché il danno della corruzione è molto meno avvertito del danno sociale o individuale di un furto. Apparentemente l’unica danneggiata sembra la pubblica amministrazione e così si pensa che non sia danneggiato nessuno. Ma non è così. I danni indiretti della corruzione sono mostruosi perché incidono sulla capacità di un Paese di innovare, lo bloccano.

Ma non è un contraddizione col gridare 'onestà, onestà'?

È un’evidente contraddizione che ci portiamo dietro fin da 'Mani pulite', quando a un certo punto cambiò il consenso sociale nei confronti di quell’inchiesta. Noi siamo bravissimi nell’individuare il fenomeni corruttivi e ascriverli negativamente soprattutto quando li produce la politica, siamo meno sensibili quando sono di malaffare individuale oppure comportamenti nemmeno del tutto illeciti penalmente: raccomandazioni, segnalazioni, l’aggiramento delle regole quotidiane che sono il brodo di coltura della corruzione e che poi alla fine ti portano anche a giustificare il fatto corruttivo. Siamo molto disponibili a sparare a zero quando si tratta di prendersela coi potenti, siamo un po’ meno sensibili quando si tratta di comportamenti individuali. Si è verificato con Tangentopoli, rischia di verificarsi ancora se non si prova a fare un cambiamento culturale, e a spiegare che non è vero che la corruzione non fa danno.

Qualcuno torna dire che con queste inchieste la magistratura condiziona il sistema politico.

Io non ho mai lesinato critiche alla magistratura quando ritenevo che le meritasse, ma credo che in queste ultime vicende ha dimostrato grande sensibilità istituzionale, è stata attenta che i propri atti, soprattutto quando non urgenti e indifferibili, non interferissero con momenti della politica italiana. Esiste il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e quindi la magistratura deve andare fino in fondo, ma in questi ultimi casi ha anche dimostrato grande attenzione nel non interferire con una vicenda importante come la recente campagna referendaria. E poi proprio queste inchieste dimostrano che non ci sono santuari, non ci sono sconti per nessuno.

Però le conseguenze politiche sono evidenti.

Sulla vicenda Sala dobbiamo avere il coraggio di fare scelte coerenti. Dobbiamo capire che istituti che sono nati in funzione di garanzia hanno funzione di garanzia. La scelta di autosospendersi, pur legittima, nasce da quello che è quasi un atto dovuto della Procura generale di Milano. Ma l’iscrizione nel registro degli indagati è un atto per sua natura neutro. Un’iscrizione nel registro delle notizie di reato, vorrei ricordare, è un atto a garanzia dell’imputato.

Se no rientriamo nell’immobilismo. Per paura di finire sotto inchiesta, alla fine non si fa niente.

L’immobilismo non può però diventare l’alibi per tagliare le unghie alla magistratura. Il problema è quello di fare le scelte corrette. Chi opera fisiologicamente può essere a rischio di una valutazione penale. Anche per Expo ci sono state tante altre indagini che poi sono state archiviate, a dimostrazione che la magistratura ha la capacità di scegliere, ma non può essere gravata di compiti impropri. La politica deve avere la forza di rivendicare criteri assolutamente autonomi da quelli delle indagini della magistratura. Ovviamente ci sono atti della magistratura hanno un effetto politico come un arresto o a una condanna, ma c’è un fase precedente in cui non si può e non si deve caricare tali atti di un significato che non hanno. E poi il clima di immobilismo finisce per essere esso stesso causa della corruzione, perché poi per sbloccarlo si trova qualcuno disponibile e più spregiudicato che si fa pagare di più e sblocca la situazione.

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