giovedì 28 febbraio 2013
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Lo "tsunami" adesso è interno al movimento. E rischia di diventare un boomerang. La banda grillina si risveglia dall’euforia post urne e scopre di avere strategie opposte su come affrontare la fase post elettorale. Tra il leader e i neo eletti in Parlamento nascono le prime divergenze. E il popolo del web - commentando gli ennesimi affondi dell’ex comico nei confronti di Pier Luigi Bersani - sembra schierarsi con i futuri deputati e senatori invitandoli a non far parlare «solo il megafono Grillo».Soprattutto tra chi si appresta ad entrare a Palazzo Madama si usano parole come responsabilità, dialogo, mediazione, convergenza. Tutti termini che non rientrano nel linguaggio colorito di chi guida il movimento. Il messaggio di molti futuri senatori è chiaro: sì a un governo che allontani lo spettro di nuove elezioni con il Porcellum («questa legge elettorale è un suicidio politico», sostengono all’unanimità). Per qualcuno un’eventuale trattativa con il Pd è vincolata all’uscita di scena di Bersani, altri invece preferiscono ragionare sulle idee piuttosto che sui nomi. Solo ipotesi, in attesa del faccia a faccia interno al movimento che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni (forse entro la settimana).Le bocche sono semicucite, soprattutto dopo i proclami del comico genovese, ma i novizi della politica tendono l’orecchio al proprio territorio. Niente "inciuci" col Pd, almeno in teoria, per rispettare il mandato con gli elettori che intervengono in massa sulle bacheche Facebook del movimento. «Non diciamo no a priori ad un governo Bersani-Vendola - spiega il senatore pugliese Maurizio Buccarella - a patto che sia un governo "di scopo" per grandi impegni». Una sorta di esecutivo di scopo, insomma, che permetta di cambiare «come obiettivo minimo» la legge elettorale. Opinioni personali, da condividere adesso con gli attivisti, anche se non così isolate. Le priorità per tutti sono sempre le stesse: salvaguardare il movimento e garantire al Paese una stabilità di governo. A Bersani che rappresenta «la vecchia logica di potere», la neoeletta a Palazzo Madama Enza Blundo propone in alternativa «una figura super partes. Proporrò l’idea nell’assemblea dei nostri parlamentari».Il web grillino chiede però a gran voce un nuovo governo «per salvare il Paese». La parola che risuona come un mantra nei comitati elettorali Cinque Stelle di mezza Italia è «mediazione». Giuseppe D’Ambrosio, 34 anni, eletto alla Camera, apre le porte a una trattativa con il Partito democratico. «Gli elettori M5S che ho sentito e incontrato in questi giorni - spiega il fisioterapista pugliese - invitano il movimento al dialogo con gli altri schieramenti». Lui, come molti altri, è convinto che l’Italia non possa permettersi di tornare al voto prima del 2014. «Altrimenti - tuona - altro che Grecia. Dobbiamo trattare per garantire un governo al Paese. Il Pd, anche con Bersani, è al momento il nostro interlocutore privilegiato». I segnali di apertura arrivano anche dalla Calabria dove Francesco Molinari, avvocato di 48 anni, ha conquistato un seggio in Senato. «È arrivato il momento della responsabilità, va trovata una soluzione per il bene del Paese - aggiunge -. Un governo con un Pd senza Bersani? Non è detto. Il problema non sono i nomi. Il confronto deve avvenire sulle idee».Ma l’accordo non sembra così facile da raggiungere. Il "no" alle ammucchiate da prima Repubblica resta, mentre si allontana lo scenario di un voto anticipato. Sarebbe auspicabile, semmai, il «modello Sicilia» dice il senatore umbro Stefano Lucidi, con un appoggio esterno condizionato ai temi, magari «pensando anche di uscire dall’Aula nel momento del voto di fiducia». Una soluzione condivisa anche nel quartier generale del Piemonte: «Non votare la fiducia al Pd non esclude la possibilità di alzarsi e andar via quando si dovrà votare l’appoggio al nuovo esecutivo», dice infatti il senatore Marco Scibona; una scelta che si sta vagliando in queste ore perché «potrebbe essere un buon compromesso - gli fa eco il collega Alberto Airola - per non tradire il mandato con gli elettori» e allo stesso tempo lavorare per cambiare il sistema «e raggiungere i nostri obiettivi». A fine giornata, tuttavia, qualcuno punta sulla cautela. Il futuro senatore Vito Rosario Petrocelli, eletto in Basilicata, ridimensiona gli scenari disegnati dai suoi colleghi. «Una decisione definitiva, chiara e condivisa - dice - verrà presa soltanto dopo il confronto fra Grillo, Casaleggio e gli tutti gli eletti alle due Camere nei prossimi giorni». Una diplomazia che, però, sa molto di "partito" e poco di "movimento".
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