venerdì 20 ottobre 2017
Renzi: tutti sapevano, ma anche Prodi lo bacchetta. Slitta l'audizione di Visco, scaricato pure da Berlusconi
Ignazio Visco (Ansa)

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Ogni giorno che passa la vicenda Bankitalia diventa sempre più un campo minato. È in ballo l’eventuale conferma del governatore Ignazio Visco, da decidere ormai entro la prossima settimana (ma già oggi è previsto un Consiglio dei ministri, che potrebbe valutare il dossier) e messa in discussione dalla mossa irrituale di Matteo Renzi con la mozione presentata, e approvata, dal Pd martedì alla Camera.

Lo stesso ex premier si prepara tuttavia all’eventualità che la conferma alla fine arrivi: «Non sarà una mia sconfitta, io non ho posto una questione di nomi». Sono vari i piani che si intersecano fra di loro: dal suo tour per l’Italia Renzi, dopo essersi messo contro mezzo partito, chiama in causa il premier Paolo Gentiloni («Non era semplicemente informato: era d’accordo», ha detto prima di citare esplicitamente anche «Rosato, Finocchiaro e Baretta», pur aggiungendo che - come già noto - Palazzo Chigi ha chiesto di limare alcuni punti del testo), mentre ricostruzioni di stampa tirano in ballo invece il sottosegretario Maria Elena Boschi, presunta co-autrice della mozione e, per questo, super-informata.

Palazzo Chigi replica in via informale, precisando che le decisioni del capo del governo «saranno basate sulle prerogative a lui attribuite dalla legge e ispirate esclusivamente alla salvaguardia dell’autonomia dell’istituto»; e conferma «piena fiducia» nella Boschi, notoriamente parte in causa nella vicenda per il ruolo di vicepresidente di Banca Etruria svolto dal padre.

A complicare il tutto, si aggiunge Silvio Berlusconi a 'scaricare' pure lui l’inquilino in carica di Palazzo Koch: «Certamente la Banca d’Italia non ha svolto il controllo che ci si attendeva», ha affermato a Bruxelles il leader di Forza Italia, aggiungendo peraltro che in questo caso «si può vedere quella voglia della sinistra di occupare tutte le posizioni di potere, una volta lo facevano dopo le elezioni, ora lo fanno prima».

Il segretario del Pd resta un fiume in piena sulla partita aperta con via Nazionale. «Mi domando anch’io perchè ci sia stata questa levata di scudi a favore di Visco – ha detto in tv, a La7 –. Mi sono chiesto: ma cosa ho toccato? Non so se sono poteri forti, ma tra stare coi risparmiatori o coi banchieri non ho dubbi», ha continuato. E ancora, su Gentiloni: «Se fosse al mio posto rispetterebbe la mia scelta da presidente del Consiglio, così come io rispetterò sempre la sua scelta. Il presidente del Consiglio farà quello che crede».

Quanto alle accuse dell’ex premier Mario Monti, Renzi le ha ribaltate: «Mon- ti non è il responsabile di tutti i disastri, ma le banche si potevano salvare in quei due anni lì (2012/13, ndr), quando l’Italia disse che non avevamo bisogno di niente, mentre la Germania intervenne». Infine l’autodifesa sulla vicenda singola che le vede eternamente condannato a essere tirato in ballo: «Vorrei che gli italiani sapessero che il mio governo ha commissariato Banca Etruria, e ha commissariato il Cda in cui sedeva il babbo di Maria Elena Boschi – ha asserito il segretario dem –. Se volete parlare dei veri scandali ci sto. Ma non ho niente da rimproverarmi sul decreto delle popolari. E in commissione ci saranno sorpresine», ha concluso. Renzi aveva anche tirato in ballo un precedente: «Chi parla di ingenenze vada a vedere cosa disse Prodi nel 2005...».

Ma ottiene solo il risultato di suscitare un’altra clamorosa bocciatura. «Vedo maldestri tentativi di ricercare precedenti alla improvvida mozione presentata dal Pd», replica a stretto giro, piccato, l’ex premier e fondatore dell’Ulivo, che esclude ogni «parallelismo con una mia presa di posizione del 2005. Il mio intervento di allora - spiega - mirava ad accelerare la approvazione della legge sul risparmio che conteneva il giusto passaggio della carica di Governatore da carica a vita a carica con una scadenza di mandato e che assegnava alla Consob il compito di vigilare sulla concorrenza anche nel sistema bancario».

Si tratta di «obiettivi e modalità completamente diversi». Intanto, il solo calendario dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta diventa materia incandescente. Solo dopo la scadenza della carica a fine mese dovrebbe essere sentito il governatore Visco, il cui incontro l’altra sera col presidente della commissione, Casini, è stato fonte di altre polemiche. E la decisione di tenere in stand-by Visco è controversa: la maggioranza parla di necessaria priorità ai magistrati inquirenti Pignatone, procuratore di Roma, e Cappelleri ( Vicenza) prima di sentire, già a novembre, il governatore e il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo. Infierisce Matteo Salvini: «Renzi attacca Visco perché non vuole che vengano fuori sue responsabilità».

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