venerdì 29 marzo 2019
Convocati al Quirinale i presidenti delle Camere Fico e Casellati
Banche e autonomia, i timori di Mattarella
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Bocce ferme, fermissime, fino alle Europee. Anche su come regolamentare la richiesta di autonomia di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Ieri i due presidenti di Camera e Senato sono saliti al Colle. Il capo dello Stato Sergio Mattarella vuole sapere come intende muoversi il Parlamento. E non solo su questo punto, ma anche sulla commissione bicamerale di inchiesta sulle banche, per la quale spinge il M5s (che avrebbe già pronto il nome per la presidenza, vale a dire Gianluigi Paragone), ma è poco gradita alla Lega.

Dal Quirinale non trapelano notizie, ma dopo aver ricevuto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco per la questione delle nomine, il delicato tema è stato affrontato dal presidente della Repubblica anche con Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. L’idea di un clima di tensione sugli istituti di risparmio preoccupa la più alta carica dello Stato.

Quanto al regionalismo differenziato, la prossima mossa formale spetta al governo. E trattandosi di una procedura tutta da scrivere, anche qui con due posizioni contrapposte dei due azionisti di maggioranza, a Palazzo Chigi si brancola nel buio. Anche perché le strade percorribili sono davvero tante e tutte diverse tra loro.

Lo hanno constatato nel vertice al Colle Fico e Casellati. In assenza di quel Senato delle regioni bocciato con il referendum costituzionale, la soluzione, per evitare di danneggiare le regioni del Sud e di spaccare il Paese, è tutta da inventare. Ci si muove su un terreno inesplorato e le indicazioni dei costituzionalisti che hanno studiato la materia sono divergenti tra di loro. Così con Mattarella, i presidenti delle Camere hanno concordato per ora sulla necessità del ruolo centrale del Parlamento. Ma come debba esplicarsi questo ruolo è ancora tutto da vedere. La richiesta delle opposizioni è che le Camere possano emendare il testo che produrrà il governo, sin dall’avvio dell’iter in commissione. C’è però chi si dice propenso a prevedere l’intervento parlamentare solo per un atto di indirizzo, o chi pensa che il provvedimento che produrrà l’esecutivo possa essere votato dall’aula, ma senza modifiche. Insomma, per ora ci si muove ancora a tutto campo.

Anche perché si ragiona senza avere presente cosa uscirà da Palazzo Chigi. I 5 stelle non premono affatto per risolvere la questione e lo stesso Salvini, con le elezioni europee alle porte, per ora è più interessato a guadagnare consensi al Sud, avendo constatato la fedeltà assoluta del "suo" Nord alla Lega. Dunque non ha nessuna intenzione di pestare i piedi alle regioni che si sentono preoccupate di un accordo che potrebbe penalizzare ulteriormente il Meridione.

Tanto più che la tensione si è diffusa anche tra gli altri Enti locali. Comuni e Province hanno chiesto di essere coinvolti dal governo nelle Intese, anche alla luce di quanto emerge nella Bicamerale, che sta facendo una indagine conoscitiva sull’Autonomia differenziata.

Ma, incalza il deputato costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti, «il tema dell’autonomia differenziata non si gestisce senza un Senato delle Regioni e delle Autonomie, altrimenti si segue quanto accaduto in Spagna, con il rischio di una crisi come quella che abbiamo visto in Catalogna».

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