giovedì 26 dicembre 2013
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«Ricordo bene la notte in cui varammo il decreto Salute. Fu proposto dall’Economia il principio per cui la salvaguardia principale era da riservare alla tutela del gettito fiscale. Mi rifiutai. Ma almeno allora in Cdm ci fu un dibattito a viso aperto. Si confrontarono due linee politiche e infine si arrivò a un compromesso. Di recente invece si è voluto usare un metodo opaco, un emendamento infilato in un decreto arrivato in scadenza dei termini. La prima battaglia sul gioco d’azzardo deve essere sulla trasparenza delle linee politiche…». Renato Balduzzi, deputato di Scelta civica, è stato il ministro della Salute del governo Monti che ha vergato il primo testo che ha provato a frenare Azzardopoli con norme sulle distanze dai luoghi "sensibili" (quelli frequentati dai ragazzi), sulla pubblicità e sul riconoscimento delle ludopatie come emergenza socio-sanitaria.Ministro, governo e Parlamento hanno annunciato una riparazione alla norme contro gli enti locali che frenano le slot...Era doveroso. Con un colpo di mano si era spazzato via il tentativo di stabilire un equilibrio, quantomeno un dialogo aperto, tra innegabili problemi di bilancio e prevenzione di un pericolo per la salute. Eravamo arrivati ad un punto su cui si conveniva tutti: il gettito non può essere a qualsiasi costo.E ora?Ora la politica non si accontenti e capovolga la logica di quell’emendamento.Come?Le regioni e i comuni che pongono limiti al gioco senza violare le norme nazionali vanno premiati con risorse aggiuntive, ad esempio all’interno del Patto per la salute. E non ricattati con mancati trasferimenti. Tra l’altro l’emendamento era un vulnus, una vera e propria violenza nei rapporti tra Stato ed autonomie. Dove si va a finire se una amministrazione che prova ad arginare problemi sociali viene punita ricevendo meno soldi da Roma? L’intero impianto istituzionale diventa un gabelliere senza coscienza.Lei conosce bene le ragioni dei concessionari: "creiamo lavoro, gettito e rispettiamo le regole...".E infatti la mia non è una battaglia "contro". Dobbiamo lavorare per regole nazionali non interpretabili e strumentalizzabili, nitide, che tengano insieme le ragioni del Mef e quelle di chi è preoccupato delle conseguenze sociali. La delega fiscale approvata dalla Camera è la stella polare, confermarla anche al Senato chiuderebbe l’epoca delle ambiguità.Dal punto di vista politico, ne emergono partiti molto fragili sul piano ideale. Non pensa?Il governo dovrebbe scegliere una linea, e i partiti fare altrettanto, arginando i singoli che agiscono a titolo personale. Non si possono avere rapporti con le lobby fuori da un disegno generale e di bene comune. Tra l’altro, l’errore del Senato è stato gravido di conseguenze politiche: le persone per bene sono indignate, anche chi prova a fidarsi della politica, di fronte a queste cose, si sente cadere le braccia…
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