venerdì 19 marzo 2010
L'educazione al senso della cittadinanza e dello Stato, della legalità e dell'impegno civile al centro della riflessione del card. Bagnasco nell'incontro a Milano insieme agli aderenti di Comunione e Liberazione.
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Non basta constatare che c’è una grande e pervasiva emergenza educativa che riguarda i giovani come gli adulti, la scuola, la famiglia e tanti altri luoghi del vivere. È necessario testimoniare che questa emergenza può essere affrontata andando al fondo delle esigenze elementari che abitano il cuore di ogni uomo, e che l’esperienza del cristianesimo è capace di dare risposte vitali, concrete a questa crisi. È il  leit-motiv attorno al quale si è dipanato l’incontro promosso ieri sera da Comunione e liberazione e che ha visto convenire al Palasharp di Milano circa 10mila persone. Dopo il saluto del vescovo ausiliare della diocesi ambrosiana, monsignor Mario Delpini, e alcune testimonianze di persone impegnate sul fronte della scuola, delle opere di carità e dell’università, ha preso la parola don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Cl, che ha rilanciato l’ammonimento di Benedetto XVI: alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita. Ospite d’onore il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che ricorda la scelta dei vescovi italiani di dedicare gli Orientamenti pastorali del decennio 2010-2020 al tema dell’educazione. E, rifacendosi all’insegnamento di Antonio Rosmini, sottolinea che l’educazione si fonda su un rapporto dialogico ed esige la presenza di testimoni capaci di risvegliare nelle persone l’amore per il vero, il bene e il bello. «Solo dei grandi uomini possono formare altri grandi uomini», scriveva il filosofo piemontese usando parole che dopo oltre un secolo e mezzo mantengono immutata la loro attualità. E, tra i presenti, il pensiero non può non andare alla figura di don Giussani, che a metà del secolo scorso ha dato inizio a un’esperienza come Cl che fa dell’educazione alla fede la sua stessa ragion d’essere.Viviamo una stagione all’insegna della frammentazione, del disorientamento, della crisi di senso del vivere, ricorda Bagnasco, e molti si chiedono se sia ancora lecito porsi la domanda stessa sul senso. Ma l’uomo negherebbe la sua natura se rinunciasse a cercare risposte ai grandi interrogativi sull’esistenza. In questo contesto, come ricorda Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio, «la Rivelazione cristiana è la vera stella di orientamento per l’uomo che avanza tra i condizionamenti della mentalità immanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica. All’uomo desideroso di conoscere il vero, se ancora è capace di guardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di là dei propri progetti, è data la possibilità di recuperare il genuino rapporto con la sua vita, seguendo la strada della verità».Una delle caratteristiche fondanti di ogni processo educativo, ricorda ancora Bagnasco richiamando l’insegnamento rosminiano, è l’attenzione alla realtà concreta, che arriva fino all’impegno per la res publica la quale «trova nell’impegno politico la sua più alta forma di espressione. Il sogno di allargare le generazioni dei politici cristianamente ispirati, che siano in grado di rinnovare profondamente questo fondamentale ambito dell’esistenza, passa attraverso la capacità di educare e formare al senso della cittadinanza e dello Stato, della legalità e dell’impegno nella società civile, in cui si vive quella sana laicità cui Benedetto XVI spesso ci richiama». Bagnasco ammonisce: «L’appello alla partecipazione e alla passione, merce troppo rara nel nostro attuale contesto, se non vuol essere solo retorico, chiede risorse ed energie da destinare all’educazione delle giovani generazioni che, se hanno ricevuto, dandola per scontata, la democrazia, troppo spesso non sembrano in grado di abitarla e viverla in riferimento ai valori fondamentali della giustizia, della libertà e della pace». Che trovano senso nel riferimento alla persona. Viviamo tempi duri, che proprio per questo interpellano l’umanità di ciascuno. Ma duemila anni fa le cose non andavano meglio, come ricorda Péguy: «C’era la cattiveria dei tempi anche sotto i Romani. Ma Gesù venne. Egli non perse i suoi anni a gemere e interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo».
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