sabato 19 settembre 2015
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«Il Colosseo chiuso ai turisti a metà settembre? È grave, ma non è strano in Italia. Nel Paese al mondo più ricco di beni artistici regna infatti l’antiturismo. Siamo bravissimi a farci del male, campioni di autolesionismo. L’Italia purtroppo manca di cultura turistica». È tranciante, ma non pessimista, Andrea Babbi, fino allo scorso giugno alla guida dell’Enit, l’Ente nazionale del turismo. Mentre ieri a Roma veniva compiuto l’ennesimo simbolico sfregio ai beni culturali e al turismo, Babbi si trovava a Milano a guidare a Expo i liceali dell’istituto «Malpighi» di Bologna. «Sono qui con i docenti e 500 ragazzi, tra cui mia figlia – dice –. La scuola è appena iniziata ed è significativo che le prime lezioni si svolgano qui a Expo, una scommessa vinta dall’Italia. La scuola è il primo antidoto a questo antiturimo insito negli italiani, che ci affligge. È la prima forma di prevenzione contro questa nostra debolezza culturale». Una piaga che all’Italia è costata, negli ultimi vent’anni, la perdita della leadership turistica. Colpa della politica, come si invoca sempre, o colpa anche del carattere italiano? «Le due cose vanno a braccetto – spiega Babbi –. L’antiturismo nasce dalla presunzione e dall’arroganza di ritenere che, con tutte le bellezze che abbiamo, per forza gli stranieri debbano sempre venire da noi. Per decenni abbiamo vissuto di rendita, finché altri Paesi ci hanno superati». Nel frattempo da noi sono sorti anche nelle università insegnamenti e master di turismo. «In effetti qualche risultato si è visto – continua Babbi – e se ne vedranno ancora di più in futuro, anche grazie alla lezione di Expo. Poi però arrivano questi autogol clamorosi, due mesi fa a Pompei e ieri a Roma, che azzerano in poche ore quanto costruito in anni e anni di lavoro e di investimenti».  «Ma i gufi del turismo non sono certo soltanto quelli che fanno le assemblee sindacali e lasciano la gente fuori ad aspettare – aggiunge –. È colpa anche dei politici che non credono nelle potenzialità dell’Italia e non fanno niente per valorizzarle. Dal tassista al politico, dall’insegnante al sindacalista si pensa al turismo come a una cosa non economica, non produttiva. Invece è la rinascita del Paese. Ci vuole un piano strategico e organico interministeriale con grandi investimenti. E al Sud farà superare lo storico gap con il resto d’Italia».
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