venerdì 12 giugno 2015
Mezza frenata del presidente dei democratici: «Vediamo prima le carte processuali». Il caso in aula entro l'estate. Fronda in Ap che fa asse con Fi.
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Si complica la situazione del presidente della Commisione Bilancio, il senatore di Area Popolare Antonio Azzollini, colpito da una richiesta di autorizzazione ai domiciliari dalla Procura di Trani nell’ambito dell’inchiesta sul crack della casa di Cura Divina Provvidenza di Bisceglie. Il Pd fa sapere che voterà per il sì all’arresto. Lo anticipa il presidente Matteo Orfini: «È inevitabile», dice. Il gruppo di Ap che si era schierato all’unanimità per il no accusa il colpo, ma senza spingere fino alla rottura politica, specie al Senato dove i numeri per Renzi traballano. I tempi potrebbero essere molto abbreviati. La richiesta della Procura di Trani per Azzollini potrebbe arrivare all’esame dell’Aula già entro l’estate. L’ufficio di presidenza della Giunta per le Immunità ha adottato infatti il calendario proposto dal presidente Dario Stefano (di Sel) che punta a concludere i lavori entro il 24. Poi toccherà all’Assemblea dire la parola definitiva. La tregua per ora viene siglata dallo stesso Orfini che telefona a Gaetano Quagliariello per concordare di non prendere ancora posizioni ufficiali e definitive prima di vedere le carte. I capigruppo di Ap di Camera e Senato però accusano Orfini infatti di aver dato luogo con le sue parole a un «giudizio immediato» nei confronti del senatore: «Il compito del Parlamento è solo quello di valutare che non ci sia fumus persecutionis», precisa il presidente del gruppo di Montecitorio Maurizio Lupi: «Nel caso di Azzollini, è noto che tra lui e il procuratore non corra buon sangue, e da tempi non sospetti». Tesi che era stata sposata anche dai senatori del partito di Alfano, e li aveva portati a motivare il no all’arresto. Stesso concetto lo esprime Renato Schifani: «Spero che le parole di Orfini siano state riportate male dai mezzi di informazione perché conosco la cura dei colleghi del Pd nel vagliare le carte processuali in casi come questo e mi stupisce che si parli prima ancora di aver potuto leggere quei documenti». Ma tanto Lupi quanto Schifani si spingono ad escludere, anche nell’eventualità di un voto del Pd favorevole all’arresto, che possano esserci conseguenze sul governo. «Sono dei livelli diversi, non vedo collegamenti, taglia corto Schifani. «Qui si parla della libertà di una persona. Se Orfini non cambierà idea, ne prenderemo atto. La vita continua, continuerà il lavoro della giunta, del Parlamento e del governo. Mi auguro che Orfini si corregga, ma se non lo fa, si assume la paternità di questa affermazione». La Giunta per le Immunità del Senato si riunirà martedì 16 giugno per esaminare la richiesta d’arresto. Nei giorni successivi, ha spiegato il presidente Dario Stefano, potrebbe essere ascoltato lo stesso Azzollini che ha avuto ieri un colloquio telefonico con lo stesso Stefano, che spinge per procedere con tempi serrati. Ed è anche arrivata dal Movimento Cinque Stelle la richiesta di lavorare in notturna. Ma non sarà un percorso facile. Alla seduta che doveva decidere il calendario dei lavori, ieri, non si sono presentati i senatori di Fi e Ap, mentre i componenti di Grandi Autonomia e Libertà hanno protestato per la velocità con cui si è convocata la Giunta. I numeri però restano preponderanti, con l’asse del sì all’arresto formato da Pd e M5S. Dal canto suo Angelino Alfano, ottenuta la disponibilità del Pd a votare no per la richiesta del sottosegretario Giuseppe Castiglione, potrebbe scegliere di non fare le barricate su Azzollini. Ma dovrà fare i conti con un partito in fermento, in cui un’ala sempre più dura con Renzi sembra cercare un pretesto per portare alla luce il conflitto interno.
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