giovedì 18 ottobre 2012
Bocciata la proposta di tenere le sale da gioco a 500 metri di distanza da scuole, ospedali, chiese. Caduta la norma che imponeva ai titolari di slot machine di appurare la maggiore età del giocatore. Resiste solo la proposta che sia obbligatorio scrivere sulle macchinette qual è la percentuale (infima) di una possibile vincita. VAI AL DOSSIER
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​Il ministro della Salute Renato Balduzzi ha infine posto la fiducia sul «decreto Sanità», quello che reca «disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute». Una decisione che giustifica così: «In commissione si è svolto un lavoro lungo, con 900 emendamenti, i tempi di conversione del decreto in legge sono rigidi, la fiducia si imponeva». Oggi dunque si vota. E il decreto – occorre ripeterlo – mira a «promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute». Eppure qui e là si direbbe il contrario: per combattere la ludopatia – ha sostenuto la commissione Bilancio – non ci sono i soldi, emendamento cancellato, dunque, come tanti altri. «Ma la copertura per il contrasto di una piaga tanto dilagante anche tra i giovani come il gioco d’azzardo c’era – spiega Paola Binetti, deputato Udc –, infatti era previsto di attingere proprio agli introiti derivanti dall’azzardo. In commissione Affari sociali era stato approvato all’unanimità». Il vero motivo allora è molto più cinico: «Il vizio del gioco che attanaglia sempre più italiani è per l’erario una fonte di reddito forte e diretta – denuncia la Binetti –. C’è un chiaro conflitto d’interessi dentro lo Stato: da una parte gli affari sociali, dall’altra l’economia». Per fortuna ha resistito l’emendamento proposto dalla stessa parlamentare perché sia obbligatorio scrivere su slot machine e su ogni gioco d’azzardo qual è la percentuale di vincite effettiva (assolutamente infinitesimale): «La pubblicità infatti è ingannevole, le vincite occasionali quanto risibili servono solo ad aumentare la dipendenza». La ludopatia d’altra parte è una vera e propria malattia, tant’è che – e qui la notizia invece è buona – verrà inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), ovvero entrerà nel Sistema sanitario nazionale: «Ma che Paese è il nostro – commenta amara Paola Binetti – se lucra agevolando la malattia mentre poi spende per contrastarla? Il titolo del ddl parla di "promuovere lo sviluppo del Paese", ma non è lecito farlo investendo sui vizi dei cittadini». Sembra che l’economia giustifichi tutto, insomma: «Che si tassi l’indennità di accompagnamento dei disabili, che si riducano i diritti previsti dalla legge 104 per assistere un invalido, che l’economia di Stato crei patologie redditizie: questo è il modello di Stato che noi contestiamo». Nulla di fatto anche per la proposta di tenere le sale da gioco ad almeno 500 metri di distanza da scuole, ospedali, centri di aggregazione giovanile, chiese. Così come per l’altro emendamento, anch’esso caduto, quello che imponeva ai titolari di slot machine e simili di appurare la maggiore età del giocatore. Il motivo? Qui non si può certo accampare il pretesto della spesa. A meno che per "spesa" non si intenda il fatto che «tali misure sarebbero efficaci: se così fosse, la ludopatia calerebbe sensibilmente», e lo Stato biscazziere avrebbe meno entrate.Positive, invece, altre modifiche al testo di Balduzzi: ad esempio per quanto riguarda i Comitati etici per la sperimentazione clinica, che il ministro avrebbe voluto ridurre a uno solo per regione: «È indubbio che oggi sono troppi – dice Eugenia Roccella, deputato Pdl – e questo è un freno alla ricerca scientifica, ma un unico Comitato etico regionale avrebbe significato azzerare il dibattito, e proprio sui temi sensibili. Tra l’altro sarebbero state le stesse Regioni a nominare i Comitati, trasformandole in una diretta emanazione politica».Soppressi fortunatamente anche i due commi che aprivano al far west dei farmaci off label, ovvero «impiegabili in modo non conforme a quanto autorizzato dal Ministero della Salute e a quanto previsto sul foglio illustrativo», continua la Roccella. Una "flessibilità" che non solo avrebbe messo a rischio la salute, ma «permettendo addirittura l’uso di farmaci autorizzati all’estero e non in Italia, o la prescrizione di medicinali per un uso molto diverso dal previsto, avrebbe aperto a derive pericolose». Ad esempio eutanasiche, o abortive, o di sperimentazione illegale. «L’Agenzia italiana del farmaco ha ancora un po’ di autonomia dall’Europa e deve conservarla: basti pensare alla "pillola dei cinque giorni dopo", che in Italia è prescritta solo dopo un esame che escluda lo stato di gravidanza, mentre all’estero si dà senza remore». Non è un caso se, non essendo utilizzabile per gli aborti fai da te, le vendite non siano mai decollate.
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