sabato 16 marzo 2013
Limitare il settore con tasse più alte, verifiche sui flussi di denaro e l’istituzione del divieto di pubblicità. Lo chiedono gli amministratori locali, riuniti nei padiglioni di Milanocity. Lo sconforto: «Abbiamo le armi spuntate: mandare i controlli nelle sale non sempre basta. Dobbiamo premiare chi rifiuta le macchinette».
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«Fa male al cuore vedere le slot machine della tabaccheria già occupate di prima mattina. Nella lotta contro il gioco d’azzardo noi sindaci abbiamo le armi spuntate, perché alle spalle c’è lo Stato che lo favorisce. E hai l’impressione di dover riparare la diga con un secchiello». Nelle parole di Pietro Romano, primo cittadino di Rho, Comune dell’hinterland milanese, lo sconforto delle amministrazioni locali, che possono fare poco per aiutare gli schiavi del videopoker. «Siamo responsabili della salute dei nostri cittadini, ma non siamo in grado di tutelarla – si lamenta Eugenio Comincini, sindaco di Cernusco – perché le leggi nazionali hanno difeso altri interessi».C’è la delusione, non la resa. Tutt’altro: a «Fa’ la cosa giusta», la fiera del consumo critico e degli stile di vita sostenibili organizzata a Milano da Terre di Mezzo, nasce il Manifesto dei sindaci contro il gioco d’azzardo, con già 140 adesioni, e viene lanciata la proposta di una legge di iniziativa popolare che regoli il settore, limitandolo con tasse più alte, controlli più approfonditi sui flussi di denaro (per limitare le infiltrazioni della criminalità organizzata) e l’istituzione del divieto di pubblicità.Oltre, finalmente, a un reale potere da affidare ai Comuni, oggi costretti ad improvvisarsi quasi azzeccarbugli pur di frenare la moltiplicazione delle slot: «A chi vuole aprire nuove sale diciamo che faremo di tutto per rendere loro la vita difficile – spiega Maria Ferrucci, sindaco di Corsico (Milano) –. Possiamo mandare controlli costanti, e sappiamo che questo può non invogliare i cittadini ad andare a giocare. È un deterrente, ma non sempre basta». La corda non si può tirare troppo perché, spiegano uno dopo l’altro i vari amministratori che prendono la parola, il rischio è quello di avere torto in sede giudiziaria ed esporre il proprio Comune a un risarcimento.Pietro Sturla è assessore di Bagnolo Mella, comune del Bresciano, tanto piccolo quanto affollato di slot: «Il Tar è intervenuto in due casi – spiega –. Nel primo, dicendo che il sindaco ha facoltà di legiferare anche in merito agli orari di apertura delle sale gioco. Nell’altro pronunciamento, sostenendo l’opposto, ossia che il primo cittadino non ha poteri in materia». E mentre si attende di fare chiarezza, «abbiamo persone che hanno ben meno di mille euro al mese e, appena uscite dalle Poste, entrano in un locale a giocare. Poco dopo, li ritroviamo ai nostri servizi sociali, a chiedere aiuto». E anche qui la domanda: lo Stato dov’è?«Purtroppo tutti i governi sono rimasti condizionati dall’entroito che l’azzardo ha sulle casse dello Stato, anche se poi si ripercuote negativamente sui nostri servizi», spiega Attilio Fontana, primo cittadino di Varese e presidente lombardo di Anci, che assieme a Legautonomie sostiene la battaglia dei sindaci: «Se facciamo un lavoro saggio possiamo riuscire a spiegare gli effetti negativi dell’azzardo. Abbiamo poi visto che l’apertura di centri di aggregazione riesce a strappare molti anziani da questa malattia. Servono però le risorse».Nella riflessione alla Fiera Milanocity non mancano spazi per le autocritiche (Marco Filippeschi, sindaco di Pisa: «Se fossimo stati più tenaci in passato, oggi la situazione sarebbe meno difficile») e per le proposte di chi, come il primo cittadino di Lecco, Virginio Brivio, vorrebbe promuovere «campagne di sostegno a chi rifiuta di tenere le macchinette nel proprio locale».La rete dei Comuni sarà attiva a breve. L’idea, riprende il sindaco di Corsico, Ferrucci, è quella «di creare un movimento nazionale di attenzione». Che scuota il Parlamento: «Noi siamo sul territorio, ma non possono lasciarci fare i Don Chisciotte contro i mulini a vento».
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