mercoledì 29 giugno 2016
Oltre 500 Comuni contro le slot, spesa a +5%. La Consulta antiusura: basta con chi è complice. Bregantini: si abbia il coraggio di dire "no". D’Urso: serve un lavoro di rete Fiasco: lo Stato? Come un debitore insolvente.
Azzardo: la rivolta cresce, dai media solo silenzi
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«C’è un perdurante cerchio vizioso dell’ottusità. E l’esempio principale è l’azzardo. Con lo Stato che si comporta come un debitore insolvente che si deve rifare, che deve tamponare una falla: pochi maledetti ma subito». È durissimo il sociologo Maurizio Fiasco al convegno 'Usura, comunicazione, istituzioni' organizzato ieri dalla Consulta nazionale antiusura 'Giovanni Paolo II', in occasione dell’annuale assemblea. Non meno duro è il neopresidente della Consulta, monsignor Alberto D’Urso. «Non dare informazione sull’azzardo non è mafia? Bisogna dire al mondo giornalistico che questa è complicità», rincara la dose denunciando come «portare giocatori patologici in tv serve solo per fare audience». E monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso Bojano, cita il profeta Amos: «'Hanno venduto il giusto per denaro'. Il denaro – ag- giunge – ti affonda e non ti fa andare avanti. Bisogna avere il coraggio di dire no, il bene che vince il male». Altrimenti si arriva alla disperazione. D’Urso cita «la lettera di un barista che ci chiedeva aiuto. Aveva tolto le 'macchinette' perché, ci scriveva, 'si è rovinato mio figlio'. Già, le 'macchinette': quanto male fanno! ». Storie e numeri ignorati dal mondo della comunicazione, ribadisce il direttore di Tv2000, Paolo Ruffini. Così come le dimensioni di 'azzardopoli'. «È impressionante il fatto che di questi numeri, di queste persone, sui giornali, in tv, per radio, si parli così poco. O come se fossero solo tanti casi singoli, una sommatoria di casi singoli, portando avanti quasi solo una stanca contabilità che nulla ci dice della radice malata che li genera». E va oltre, parlando addirittura di «connivenza con la quale i mezzi di comunicazione hanno costruito, attivamente o passivamente, facendo o omettendo, una cultura fondata sull’azzardo da una parte e sulla finanza speculativa dal-l’altra ». Eppure, soprattutto grazie all’impegno delle associazioni, qualcosa sta cambiando. «Crescono la disapprovazione sociale verso l’azzardo e l’attività di 'rigetto' dei Comuni, oltre 500, che hanno deliberato rigidi regolamenti – sottolinea Fiasco –. E dalla seconda metà del 2015 assistiamo a un cambiamento giurisprudenziali, con sentenze favorevoli al contrasto alla gestione perversa dello Stato». Malgrado questo, ammette il professore, «nel 2015 la spesa in azzardo è aumentata del 5%. E l’azzardo è sempre più fattore di crisi economica e di indebitamento pubblico. Si porta via il 12% dei consumi privati, 491 milioni di ore, 70 milioni di giornate lavorative».  E allora, è l’appello di D’Urso, «serve un lavoro di rete, dobbiamo continuare a seminare insieme. Il mondo dell’azzardo è un grasso pachiderma, da soli gli facciamo il solletico, insieme possiamo fare di più», aggiunge ringraziando Avvenire «per l’impegno a una corretta e completa informazione ». «Dobbiamo cambiare il punto di vista – propone Ruffini –, raccontare chi si oppone, dai baristi ai comuni, reagire al dualismo feroce che riduce la vita ad un gioco: game on, game over, grazie alla creazione di una rete di sguardi non più passivi, mi verrebbe di dire ciechi, ma capaci di capire». Ma, avverte Bregantini, «servono leggi più attente e scrupolose, con prossimità alla gente. Quando una mano regge l’altra mano si vince la sfida».
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