giovedì 3 agosto 2017
Più vicino l'accordo tra governo ed enti locali. Rimane da sciogliere il nodo delle fasce orarie. La nuova bozza di intesa con i comuni: niente più limiti alla pianificazione sul territorio.
Carta bianca sulle distanze delle sale
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Niente più limiti ai poteri di Regioni e Comuni nel regolamentare le 'sale gioco'. E in particolare nessuna limitazione alla pianificazione sul territorio, nessuna distanza minima o massima dai luoghi sensibili decisa centralmente e valida per tutti i comuni. È la più importante novità della nuova bozza di intesa che oggi pomeriggio il Governo presenterà alla Conferenza unificata coi rappresentanti delle Regioni e dei comuni. Come Avvenire è in grado di rivelare, fermo restando il taglio del 50% dei punti gioco in tre anni, viene lasciata alle Regioni e agli Enti locali la facoltà di decidere dove collocare questi punti nei propri territori. In particolare alle Regioni spetterà un ruolo di coordinamento mentre saranno poi i comuni a definire nei propri piani urbanistici dove collocare i punti gioco. Dunque non ci sarà un limite minimo e un limite massimo, ma il criterio dovrà essere quello di una distribuzione equilibrata sul territorio per evitare eccessive concentrazioni, magari nelle periferie più degradate o in 'quartieri Las Vegas'.

C’è poi la garanzia che a fronte di un taglio del 50%, i locali che restano potranno svolgere la loro funzione di raccolta del gioco, senza essere allontanati. Un’importante modifica rispetto alla prece- dente bozza che riconosceva agli enti locali 'la facoltà di applicare la distanza per le nuove sale/ esercizi, a 150 metri da SerT, scuole e luoghi di culto, misurate in base al percorso pedonale più breve'. Limiti che non erano piaciuti a Regioni e Comuni, e sui quali si era arenata l’intesa. Ed erano piaciuti ancor meno a Associazioni, Enti della Comunità Ecclesiale e Movimenti che lo avevano così spiegato nell’incontro col sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. «Sul tema della dislocazione dei punti di accesso all’offerta di gioco d’azzardo, nonché in tema di orari, la Delegazione ha fatto presente che non si potrà procedere a centralizzare una disciplina unica in quanto si tratta di Diritti incomprimibili affidati dalla Costituzione alle cure appunto degli Enti locali». Ricordando le recenti sentenze della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato. Sulle distanze il nuovo testo sembra dar loro ragione. Si legge, infatti, che «i punti di vendita di gioco previsti a regime sono distribuiti d’intesa tra le Regioni, proporzionalmente, sulla base della attuale distribuzione numerica, ma tenuto conto della diversa collocazione urbanistica e sociale». Così, prosegue la bozza, «le Regioni e gli Enti locali al fine di una maggiore efficacia nella prevenzione dei minori e nella lotta alla ludopatia, nonché nel contrasto all’insediamento del gioco illegale e considerato che i punti gioco a regime saranno, complessivamente, la metà circa dei punti di gioco pubblico attualmente in esercizio - adotteranno, nei rispettivi piani urbanistici, criteri che, tenendo anche conto della ubicazione degli investimenti esistenti, consentano una equilibrata distribuzione nel territorio allo scopo di evitare il formarsi di ampie aree nelle quali l’offerta di gioco pubblico sia o totalmente assente o eccessivamente concentrata».

Basterà per trovare oggi l’accordo? Al ministero sono ottimisti. Ma resta l’altro punto poco gradito, quello degli orari. Infatti c’è solo il riconoscimento ai Comuni della «facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco». Troppo poco rispetto a quanto stabilito da molte amministrazioni.

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