giovedì 13 giugno 2013
«Cancellati 115mila posti di lavoro». Il sociologo Fiasco: il vizio delle scommesse dirotta 20 miliardi dall’economia reale e brucia 70 milioni di ore di lavoro. Risorse preziose sottratte anche alle famiglie. VAI AL DOSSIER
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Se l’Italia stenta più di altri paesi a uscire dalla stagnazione è anche colpa del gioco d’azzardo. La dedizione ossessiva a slot machine, videopoker e gratta&vinci sottrae ogni anno 70 milioni di ore lavorative e dirotta almeno 20 miliardi di euro dall’economia reale, cancellando così 115mila posti di lavoro. A denunciare l’ennesimo, deleterio effetto del dilagare delle scommesse è la Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura, alla sua assemblea annuale che ha visto la partecipazione del viceministro dell’Interno, il senatore Filippo Bubbico, e del commissario straordinario antiracket e antiusura, il prefetto Elisabetta Belgiorno. Ed è ai rappresentanti del governo che monsignor Alberto D’Urso, segretario generale della Consulta, ribadisce la richiesta di aprire alle famiglie il fondo di solidarietà statale per le vittime degli strozzini, articolo 14 della legge 108/96, riservato alle aziende. Il sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta, quantifica dunque l’emorragia economica provocata dall’azzardo, che contribuisce a ritardare l’uscita dalla crisi. Lo studioso ha calcolato il tempo usato - meglio, sprecato - dal popolo dei giocatori per le diverse tipologie di azzardo: l’anno scorso le nuove slot machine hanno totalizzato 28 miliardi di giocate, pari a oltre 46 milioni di ore passate a schiacciare tasti; 5 miliardi le giocate alle videolottery (8,3 milioni di ore); 2,2 miliardi le "grattate" sui gratta&vinci (quasi 37 milioni di ore); 15 miliardi le giocate on line (circa 167 milioni di ore): 3,5 miliardi le giocate a lotto, superenalotto e altri giochi tradizionali (230 milioni di ore). Totale: 49 miliardi di operazioni di gioco, pari a 69 milioni 760 mila ore perse inseguendo un miraggio. «È come se ogni italiano, da zero a cento anni, avesse perso una giornata di lavoro– spiega Fiasco – o più correttamente come se ognuno dei 15 milioni di giocatori abituali avesse perso 4 giornate e mezzo di lavoro». Il sociologo sottolinea come il tempo dedicato all’azzardo «è sottratto comunque anche alle relazioni sociali, alla famiglia, al culto». Non basta. L’azzardo, sottolinea Fiasco, drena risorse ai consumi, già in forte contrazione: se l’anno scorso sono stati 90 i miliardi giocati, tenendo conto del pay-out, cioè le vincite, «sono almeno 20 i miliardi di euro sottratti al commercio e ai servizi destinati alla vendita». Se i soldi spesi in acquisti alimentano la distribuzione, la produzione dei beni, l’indotto, quelli persi al gioco smettono di circolare. Lo studio poi calcola anche il «potenziale di occupazione dissipato dalla spesa per giochi, valutabile in circa 90mila addetti nel commercio e servizi e circa 25 mila addetti nell’industria». Ovvero 115 mila posti di lavoro in meno. E sono diretti - e devastanti - gli effetti del dilagare dell’azzardo sul sovraindebitamento e sul ricorso all’usura. L’assemblea annuale della Consulta nazionale è anche l’occasione per tirare un bilancio del lavoro fatto. Tra il 1996 e il 2012 il ministero dell’Economia ha assegnato somme per rendere possibili garanzie bancarie per complessivi 99,6 milioni di euro. Da allora sono stati erogati, a garanzia di prestiti agevolati a famiglie in difficoltà, circa 310 milioni di euro. Somme che hanno risollevato da situazioni tragiche 15.652 famiglie, scelte come meritevoli tra un numero maggiore di richieste. Tutto sommato modesto l’importo medio a famiglia dei prestiti, pari a 19.776 euro. Somme però sufficienti - grazie all’accompagnamento morale e all’educazione finanziaria svolta dai professionisti volontari delle fondazioni - a superare le condizioni di sovraindebitamento. Molto ridotta la passività, ossia le somme non restituite e da recuperare con azioni legali: circa il 6% di quanto erogato, un valore vicino al valore medio delle sofferenze bancarie per la clientela ordinaria.
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