venerdì 13 aprile 2018
«Il campo di gioco è profondamente cambiato e chi assumerà l’onere di governare dovrà tenerne conto e cominciare a ragionare sulla scuola che verrà con parametri diversi»
«La scuola si spopola? Così l’istruzione dovrà cambiare»
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«Il campo di gioco è profondamente cambiato e chi assumerà l’onere di governare dovrà tenerne conto e cominciare a ragionare sulla scuola che verrà con parametri diversi». Il mutamento di scenario provocato dal costante calo demografico in atto in Italia, comporta un «ripensamento globale del sistema nazionale d’istruzione», secondo l’analisi del direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto.

Meno studenti, meno classi e meno insegnanti significano anche un risparmio per lo Stato di 2 miliardi di euro l’anno: come andrebbero utilizzati questi soldi?
Le possibilità sono molteplici. Quella che mi piace meno è il non fare nulla, accettando la riduzione degli organici e il conseguente minor tasso di rinnovamento del corpo docente. Limitandosi a “incassare” questi soldi, il governo condannerebbe l’Italia ad avere una scuola vecchia con metodi di insegnamento superati.

Quali scelte di politica scolastica dovrebbe allora assumere il prossimo esecutivo?
A nostro giudizio, le risorse risparmiate dovrebbero essere destinate a un aumento della qualità dell’offerta formativa. Personalmente, la soluzione che preferisco è l’allungamento del tempo scuola mediante l’apertura pomeridiana degli istituti, con la possibilità di ampliare la scelta delle famiglie rispetto al tempo pieno e prolungato. Questi soldi potrebbero poi essere utilmente investiti anche nella programmazione di attività integrative, nel supporto dei percorsi formativi personalizzati, soprattutto in chiave anti dispersione. Un dramma che, soprattutto al Sud, riguarda il 20% degli studenti che abbandona precocemente gli studi.

La cancellazione di oltre 55mila classi limiterà la possibilità di assumere i giovani insegnanti: lo svecchiamento del corpo docente è una battaglia persa?
Qualcosa di può fare, aumentando, ad esempio, il numero medio di insegnanti per classe. Come nel 1990 con l’introduzione del modulo didattico alle elementari, questo favorirebbe lo sviluppo di forme di co-progettazione interdisciplinare anche ai gradi scolastici superiori. Infine, la terza proposta riguarda la riduzione del numero medio di alunni per classe. L’hanno fatto in Francia con la riforma Macron, che prevede il dimezzamento nelle aree più problematiche, con un rapporto di un docente ogni dodici alunni.

Resta il fatto che, se non si inverte il trend della natalità, si potranno soltanto cucire delle pezze su un vestito ormai logoro. A chi guardare per mettere in campo politiche familiari davvero efficaci?
Ancora una volta alla Francia, che prevede politiche specifiche per le famiglie numerose e nuovi servizi per l’infanzia, come i nidi e le scuole materne. Guardando in casa nostra, direi che un Paese con il nostro tasso di natalità dovrebbe preoccuparsi di aprire, non di chiudere le frontiere. Come vediamo in tanti piccoli contesti locali, che sono riusciti a tenere aperte le loro piccole scuole grazie all’apporto delle famiglie non italiane, l’immigrazione è il tema centrale per il mantenimento della popolazione scolastica.

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