martedì 5 giugno 2018
Sette danneggiamenti in meno di un anno nel terreno confiscato a Gioia Tauro. «Adesso basta!», dicono i soci. E chiedono l'aiuto di istituzioni e cittadini
Sradicate 170 piante di kiwi, cooperativa Valle del Marro ancora nel mirino
COMMENTA E CONDIVIDI

Ormai è una persecuzione. Bersaglio la cooperativa Valle del Marro, che coltiva terreni confiscati alla ’ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro. L’1 giugno, ma è stato reso noto solo oggi, l’ultimo grave sabotaggio. Sono state rubate 170 piante di kiwi che erano messe a dimora una settimana prima in seguito ad un precedente furto denunciato lo scorso 7 maggio ma non reso noto. Ma già il 28 marzo erano state estirpate o tagliate ben 300 piante. Sempre nello stesso terreno, in località Sovereto di Gioia Tauro, confiscato alla cosca Molè. Evidentemente un luogo simbolico per le cosche. Infatti l’anno prima, in piena caldissima estate, ben tre volte, il 26 giugno, il 6 e il 14 luglio, era stato gravemente sabotato l’impianto irriguo, fondamentale per questo tipo di coltivazione. Furti dei dissabbiatori e taglio dei tubi di irrigazione. Un danneggiamento ripetuto il 19 dicembre. Ora i gravi furti.

«Adesso basta. La situazione è insostenibile. Per questo chiamiamo a raccolta tutti – si sfoga Domenico Fazzari, il presidente della cooperativa, nata 13 anni fa per iniziativa di Libera e della Diocesi di Oppido-Palmi e col sostegno del Progetto Policoro della Cei –. Quel piccolo kiweto che stiamo provando a far rinascere è continuamente bersagliato. Le Istituzioni e la gente ci diano una mano concreta per rispondere a questo accanimento mafioso. Serve un intervento forte e risolutivo da parte delle Istituzioni in tutte le sue articolazioni, ma servono anche scelte nette di rifiuti della cultura mafiosa da parte dei cittadini, in particolare nell’esercizio dell’attività economica».

Il nuovo impianto di actinidia è stato realizzato tra l’aprile e il maggio del 2017. Il terreno, all’atto dell’assegnazione nel 2013,
era in totale stato di abbandono, pieno di rovi, l’originario kiweto completamente seccato. «Cinque anni di duro lavoro di recupero – ricorda Marina, socia della cooperativa –. Con questi danneggiamenti si va ora accumulando un ritardo nel rientro dell’investimento: e anche questo va calcolato nella stima dei danni, oltre al costo delle piante e dell’impianto irriguo».

Malgrado questi veri e propri attentati, i soci e i lavoratori della Valle del Marro, non hanno mai mollato anche nel loro impegno civile e sociale. Così a Natale avevano donato 1.800 bottiglie del loro ottimo olio extravergine d’oliva ai migranti della tendopoli di San Ferdinando e ai poveri seguiti dalla Caritas diocesana. «In tanti ci hanno aiutato dopo gli attentati, ora noi vogliamo aiutare chi è in difficoltà, i più poveri ed emarginati», era stata la loro motivazione. Una sensibilità già dimostrata con l’assunzione, già da alcuni anni, di braccianti stagionali immigrati. Con contratto, contributi, formazione e dotazioni di sicurezza. Un esempio per tante aziende agricole che, invece, lucrano sullo sfruttamento. Ora però sono loro a chiedere aiuto. «Per far crescere i kiwi su quel terreno – è l’appello di Fazzari – occorre che tutto il territorio reagisca fortemente, con scelte di coraggio. Il coraggio di rigettare in modo palese e deciso la cultura mafiosa. Attendiamo risposte forti e coraggiose, ma si faccia presto».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: