martedì 7 marzo 2017
Dopo l'operazione di polizia e gli arresti tra la tifoseria dell'Atalanta, è intervenuto Monsignor Lusek (Cei): «Il tifo è divenuto terra di nessuno in cui prospera spesso il malaffare»
Atalanta, blitz della polizia contro ultrà: arresti per spaccio e rapine
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«Da passione, entusiasmo e legame con i colori della propria squadra il tifo è divenuto terra di tutti e di nessuno, in cui prospera spesso il malaffare». Monsignor Mario Lusek, direttore dell’Ufficio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei, è intervenuto a commentare all'agenzia Sir l’operazione “Mai una gioia” condotta dalla Squadra mobile di Bergamo e dallo Sco della Polizia di Stato contro numerosi soggetti ritenuti responsabili di traffico e spaccio di droga, estorsione, rapina e resistenza a pubblico ufficiale.

Il blitz della polizia a Bergamo

Finora dell'operazione di polizia si sa che ultrà dell'Atalanta, italiani e stranieri, dediti allo spaccio di cocaina, marijuana e hashish all'interno della tifoseria sono stati fermati perché ritenuti responsabili a vario titolo di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina e resistenza a pubblico ufficiale.

Le indagini, avviate nel settembre 2015, sono state condotte dagli uomini della squadra mobile bergamasca e del servizio centrale operativo della polizia e hanno portato in totale sono 41 gli indagati, 30 i destinatari di Daspo, 10 provvedimenti di sospensione della licenza nei confronti di altrettanti gestori di esercizi commerciali bergamaschi.


Lusek: il tifo non è più passione ma terra di malaffare

«La repressione di fenomeni criminosi confinanti con il mondo dello sport è solo un momento di un’azione che ne sollecita altri, tra cui una nuova responsabilizzazione di tutti i soggetti interessati: società civile, mondo dello sport e realtà educative», ha osservato monsignor Lusek. Dalle indagini è emerso che il gruppo, in prevalenza ultras nerazzurri, prima di assistere alla partita, acquistava e assumeva cocaina nei pressi o anche dentro lo stadio, incappucciandosi poi per compiere azioni violente. «Colpisce il nome dell’operazione – ha proseguito monsignor Lusek -: sappiamo bene che la gioia non viene da una sostanza, ma dal rifiuto dei falsi valori per non invischiarsi in una violenza sistemica, esistenziale e ineluttabile. Bisogna riformulare una scala di valori che riempia di senso e significato la propria esistenza sportiva».

Inoltre, aggiunge il direttore, «abbiamo bisogno di un affidamento a “maestri” di vita (allenatori, manager, dirigenti, tifoserie) anche nel mondo dello sport. C’è una cultura dello sport da risignificare per prevenire i guasti, già ampi nel mondo del calcio inquinato da scommesse e “azzardi” di vario genere, che poi contagiano l’intero territorio sportivo».

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