mercoledì 29 settembre 2021
Il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza nasce dall’impegno condiviso di 43 associazioni del mondo sociale, sindacale e sanitario
Assistenza a casa, ecco il piano per la riforma

Ansa

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Assistere meglio i non autosufficienti a casa, dare sollievo alle loro famiglie, limitare la necessità dei ricoveri. Iniziare a farlo da subito, gradualmente certo, ma senza sprecare tempo. È questo l’obiettivo del 'Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza' che nasce dall’impegno condiviso di ben 43 associazioni del mondo sociale, sindacale e sanitario: dalla Caritas Italiana a Confcooperative; dalle Acli a chi assiste i malati di Alzheimer, Sclerosi multipla, Parkinson; dagli assistenti sociali ai geriatri. Una mobilitazione larga perché si avvii già dal prossimo gennaio il Piano Nazionale di Domiciliarità Integrata per gli anziani non autosufficienti.

L’obiettivo, infatti, è non sprecare la grande occasione della riforma dell’assistenza, già prevista nel Pnrr, ma che si realizzerà non prima del 2023-2024. «Cominciamo a muoverci oggi per indirizzare la riforma nella giusta direzione ed evitare errori di impostazione – spiega Cristiano Gori, docente di Politica sociale all’Università di Trento e coordinatore scientifico del Patto –. Partiamo dalla realtà, da quel che esiste, cercando di rafforzarlo, migliorarlo e integrarlo». Il Piano di Domiciliarità Integrata prevede così – oltre a una cabina di regia nazionale tra i ministeri del Welfare e della Salute e ad accordi a livello locale tra Asl e Comuni – di cambiare il modello d’intervento dell’Adi (l’Assistenza domiciliare integrata, a carico delle Asl), stanziare maggiori risorse per il Sad (l’attuale Servizio di assistenza domiciliare, operato dai Comuni) e soprattutto realizzare risposte che siano integrate, superando così l’attuale frammentazione e insufficienza degli interventi a favore di chi non è nelle condizioni di condurre una vita autonoma. Oggi, infatti, gli anziani non autosufficienti non ricevono un’adeguata assistenza sia in termini di intensità di interventi sia quanto a durata. L’obiettivo è invece quello di poter offrire ai non autosufficienti il giusto mix di prestazioni che la loro condizione richiede, in termini di servizi medico-infermieristici, sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, ma anche affiancamento e supporto a familiari e badanti per un tempo adeguato.

Per rendere concreto il Piano domiciliarità sarà necessario anche «trovare un nuovo equilibrio tra il ruolo dello Stato di garante dell’equità e la valorizzazione delle autonomie locali – sottolinea Cristiano Gori –. Queste ultime, che in definitiva sono le protagoniste degli interventi, vanno coinvolte in ogni passaggio. Lo Stato deve dare poche indicazioni chiare e affiancare le autonomie locali nella realizzazione, anche valorizzando le buone pratiche che già esistono a livello locale».

Oggi l’Adi è il servizio più diffuso, che raggiunge il 6,2% degli anziani per una spesa di 1,3 miliardi di euro l’anno. Di qui al 2026 si prevede un costante e netto incremento dei fondi, ma sarà fondamentale soprattutto aumentare e rendere più duraturi gli interventi, che oggi sono in media di 18 ore in totale su un periodo di 2-3 mesi. Mentre per il Sad, che con 347 milioni attualmente copre solo l’1,3% degli anziani, il Piano di Domiciliarità presentato dal Patto per un nuovo welfare prevede un raddoppio delle risorse già nel 2022 e poi un loro costante aumento. L’obiettivo è riconoscere il Servizio di assistenza domiciliare come livello essenziale delle prestazioni per strutturarne la presenza nei territori in modo stabile.

La partita per avviare la riforma della non autosufficienza si gioca adesso, mentre si prepara la Legge di bilancio per il 2022. Il Patto per un nuovo welfare è sceso in campo, forte di ben 43 giocatori.

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