mercoledì 4 dicembre 2019
Dall'Assemblea dell'associazione la richiesta di un riconoscimento dell'opera di queste strutture sanitarie. Gli interventi di Bebber, Angelelli, Smerilli, Becchetti e del sottosegretario Di Piazza
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“Dare risposte concrete a chi è nel bisogno e nella sofferenza è quanto siamo chiamati a fare con determinazione e rinnovato impegno all’interno di tutte le nostre strutture”. Lo ha detto padre Virginio Bebber, Presidente Nazionale dell’Aris, aprendo i lavori dell’Assemblea Generale dell’Associazione. Un appuntamento che ha visto la partecipazione di numerose personalità del mondo sanitario, politico ed accademico, chiamate a confrontarsi su un tema attuale come il rapporto tra economia e carisma. Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei, ha ricordato come le Opere della Chiesa, in special modo quelle che si occupano di sanità, rappresentino la risposta a bisogni reali, ad un grido di cui qualcuno si è fatto carico. Ecco perché “ancor di più oggi è necessario – ha spiegato – chiedersi se i nostri centri riescano a intercettare la domanda che proviene dalla società, fornendo poi risposte efficaci e adeguate”. “Non basta essere efficienti e funzionare bene – ha proseguito don Massimo –. Occorre dare testimonianza pastorale, altrimenti, pur trattandosi di buon operato, non ci troviamo di fronte ad opere di Chiesa”.

Il religioso ha infatti ricordato come aver ben presente una identità definita sia il requisito fondamentale per lavorare insieme, allestendo reti che partano da visioni condivise. “Le nostre strutture – ha concluso – hanno sicuramente il dono della resistenza, che ha permesso loro di affrontare innumerevoli battaglie e traversie, ma dalla resistenza si deve passare alla resilienza per poter trasformare in bene e in spirito propositivo gli ostacoli con i quali ci si è dovuti confrontare. Questo è il servizio alla Chiesa a cui tutti siamo chiamatUn servizio che impone uno sguardo nuovo anche in campo economico e che – ha spiegato Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi - deve “dar voce a tutte quelle situazioni di necessità e di sofferenza di coloro i quali restano sull’uscio della vita, non riuscendo a cogliere le giuste opportunità che l’esistenza offre”.

Opportunità che sono disattese perché “le povertà vengono scartate dalla storia e dal racconto della storia, divenendo di fatto invisibili”, ha chiarito suor Alessandra Smerilli, docente di economia all’Università Auxilium di Roma, richiamandosi all’amara necessità di coniare un nuovo termine per indicare la disuguaglianza, data la macroscopicità delle differenze di cui oggi siamo testimoni. Occorre dare spazio – ha aggiunto suor Smerilli – allo spirito con cui sono state messe in pratica le opere, nate da domande non risolte. “In questo senso – ha spiegato – il carisma ha il dono di uno sguardo innovativo e creativo sulle cose, uno sguardo lungimirante che non dimentichi l’imprinting del fondatore e la sua singolare peculiarità, ma che al contempo abbia la capacità di apporre anche il proprio contributo innovativo. Perché la sinfonia – bisogna ricordarlo – proviene da un insieme di note”. “Efficienza e professionalità sono indispensabili, ma non devono snaturare il carisma ancestrale che ha fatto nascere le opere e che ancora le nutre – ha concluso la religiosa –. Da questo connubio nasce una gestione corretta, che si avvale di processi trasparenti e condivisi, ai quali tutti possono accedere e ispirarsi”.

Una economia, dunque, che non vede la carità come realtà a sé contrapposta, e che non confonda i mezzi con il fine, come ha evidenziato Leonardo Becchetti, ordinario di economia all’Università Tor Vergata di Roma. “Il concetto di carità non si deve confondere con quello di obolo, ma mirando al benessere delle persone, le reinserisce nella rete sociale delle relazioni, ridando loro il ruolo che gli spetta all’interno della società”, ha spiegato l'economista, evidenziando come oggi più che mai occorra essere maestri e investire nelle relazioni, una risorsa che purtroppo scarseggia nel nostro vivere quotidiano. Una economia generativa, infatti, risponde prima di tutto ad una domanda di senso e cerca di coniugare il processo produttivo con l’inserimento di tutte le risorse umane, comprese quelle che comunemente vengono considerati gli scarti della società. “Occorre dare maggiore visibilità all’economia del sociale – ha concluso Becchetti – che sa mettere insieme gestione economica e criteri sociali. Perché, ricordiamolo sempre, il sistema economico funziona attraverso le nostre scelte e non sempre per la guida di classi politiche illuminate".

All'assemblea ha preso parte anche il sottosegretario del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Stanislao Di Piazza, che nel sottolineare l'importanza del terzo settore (all'interno del quale operano numerose associazioni del compaarto socio sanitario) - 350mila organismi, un milione circa di addetto e un valore complessivo di 8 miliardi di euro - lo ha definito "un ambito vitale non solo per la solidarietà, ma anche per la l'economia del Paese. Di qui la sua proposta di di dare vita “ad un welfare integrato da parte degli operatori del settore e da parte della politica”. E' molto importante “ai fini dello sviluppo di una nuova economia – ha sottolineato il sottosegretario al Ministero del Lavoro – nel momento in cui la crescente fragilità sociale fa emergere nuovi bisogni che rischiano di restare insoddisfatti” che "vadano sostenute le potenzialità delle organizzazioni che operano in questo campo dal momento che possono rappresentare un prezioso strumento per diffondere il welfare con un’ampia offerta tarata su specifiche esigenze del territorio”. Naturalmente andranno individuate “forme di co-programmazione e co-progettazione, accreditamento e convenzionamento nel rispetto delle reciproche specificità”. Così come è fondamentale, gli ha fatto notare padre Bebber, a nome dell'Aris, che "le Istituzioni socio-sanitarie che fanno riferimento alla Chiesa Italiana e che da circa sessanta anni lavorano no profit accanto alle strutture pubbliche per offrire servizio e assistenza alla fragilità umana, ricevano finalmente l'atteso concreto e reale riconoscimento della loro opera, piuttosto che essere ancora considerate come qualcosa al di fuori del servizio pubblico nonostante la piena integrazione dal punto di vista normativo”.

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