mercoledì 4 agosto 2010
Oggi alle 17 a Montecitorio i deputati saranno chiamati a esprimersi sulla mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia coinvolto nell’inchiesta P3. Le previsioni sono tutte per un nulla di fatto. Berlusconi preme sul presidente della Camera che a tarda sera cede: «Non siamo traditori i miei al governo voteranno contro».
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Alle otto della sera Silvio Berlusconi tira le somme della giornata che ha registrato le prove tecniche di una sorta di "terzo polo", sulle mozioni di sfiducia (del Pd e dell’Idv) al sottosegretario Caliendo che saranno votate oggi alle 17 alla Camera. E lo fa aprendo già un fronte, quello dei deputati finiani che sono membri del governo (cioè Ronchi e Urso), nella nuova pattuglia dei trentatré, che ieri intanto hanno avviato un dialogo con Casini, Rutelli e l’Mpa di Lombardo: «Passi per l’astensione dei deputati "semplici", ma da parte dei membri di governo sarebbe un atto per me intollerabile... Chi si astiene dovrà prendersi le sue responsabilità», dice il premier, chiuso a palazzo Grazioli con il ministro Alfano, il deputato-avvocato Ghedini e il protagonista di questo "passaggio-chiave" della maggioranza, Caliendo appunto. È un fronte che, quand’è sera, costringe Fini a precisare: «Non siamo traditori, restiamo leali. Chi è al governo voti contro».La tensione è alle stelle, quella in corso attorno al sottosegretario alla Giustizia rimasto implicato nell’inchiesta sulla cosiddetta P3 è anche una "guerra di nervi". Il diktat del Cavaliere rimbalza direttamente sulle spalle dei due interessati: Andrea Ronchi, titolare delle Politiche comunitarie, e Adolfo Urso, vice-ministro allo Sviluppo economico. Quest’ultimo, prima della cena di "Futuro e libertà" conferma l’imbarazzo di queste ore: «Valuterò solo domani (oggi per chi legge, ndr), si limita a dire, prima dell’"ordine" serale di Fini.Sono ore di febbrili contatti, riunioni volanti, sollecitazioni continue. Seguite alla breve riunione che, all’ora di pranzo, ha segnato la giornata: con i centristi dell’Udc a fare da padroni di casa nella sede del loro gruppo, i finiani (ce n’erano 4: Bocchino, Conte, Moffa e Della Vedova) si sono visti anche con esponenti dei gruppi dell’Api di Rutelli e del Movimento per l’Autonomia. Una manciata di minuti per sancire una linea di condotta comune da tenere oggi: tutti si asterranno, ma ciascuno dentro il proprio gruppo.Qualcuno si azzarda a parlare di nascente "terzo polo". Ma i diretti protagonisti non gradiscono e preferiscono parlare di «convergenza» o di una più altisonante «area di responsabilità», per ricorrere alle espressioni usate da Della Vedova e da Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. È una definizione rigettata con forza pure da Bocchino: «Nel sistema bipolare il terzo polo non esiste. È come giocare a tennis e sedersi sulla rete».Per tutta la giornata nel tam tam del "Palazzo" è rimbalzata la voce secondo cui Berlusconi sarebbe pronto a spingersi fino alla crisi se la maggioranza non dovesse raggiungere quota 316. In sostanza il presidente del Consiglio, si ragiona in ambienti del Pdl, non sarebbe disposto a farsi rosolare a fuoco lento, ma preferirebbe chiudere subito la partita piuttosto che sottoporsi a uno stillicidio quotidiano. Da qui gli attacchi sferrati dai "fedelissimi" del Cavaliere. Per il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, se la mozione passasse sarebbe «una resa al giustizialismo» e la decisione dei finiani «l’avvio di una manovra politica».
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