lunedì 17 agosto 2015
​Sono un indiano e un pakistano che gestivano un locale concorrente. Subito dopo l'omicidio di marito e moglie alle tv dicevano che il quartiere era diventato "invivibile" per lo spaccio di droga.
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​Hanno un nome ed un volto gli autori dal duplice delitto alla pizzeria 'Frank' di Brescia. Ad uccidere i coniugi Francesco Sarramondi (65 anni) e Giovanna Ferrari (63), sono stati due concorrenti: Singh Sarbjit, cittadino indiano di 33 anni e Adnan Muhammad, pachistano di 32 anni, ritenuto l'uomo che materialmente ha premuto il grilletto del fucile. "Abbiamo raccolto la confessione piena", ha affermato il procuratore di Brescia, Tommaso Buonanno, nella conferenza stampa convocata a 24 ore di distanza dall'arresto avvenuto ieri a Casazza, in provincia di Bergamo. I due sono ritenuti responsabili anche del tentato omicidio dell'albanese Arben Corri, il dipendente dei Serramondi che all'inizio di luglio cadde in una imboscata all'uscita dal locale gestito dalle due vittime. L'uomo, appena salito sulla propria autovettura, fu raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco riportando diverse ferite. Ad incastrali, le immagini delle videocamere, l'acquisizione di dati telefonici, gli appostamenti sul territorio e, soprattutto, è stato spiegato, "l'individuazione di impronte papillose all'interno del negozio che ci ha permesso di identificare uno dei due responsabili". I due erano arrivati davanti alla pizzeria a bordo del proprio motorino, che poi hanno cercato di distruggere ma che è stato individuato dagli investigatori. Avevano fatto irruzione nel locale e fatto fuoco con un fucile, prima alla donna poi al marito mentre tentava di fuggire nel retro. Subito dopo l'agguato, "lungo la via di fuga si sono disfatti di tutto ciò che avevano usato per l'omicidio: dai guanti ai proiettili al fucile trovato in un canale". Infine sono ritornati sul luogo del delitto dove lo stesso Adnan si è concesso alle telecamere dei giornalisti lamentando il fatto che il quartiere fosse "invivibile" perchè frequentato da "prostitute e spacciatori" e per questo non si facevano affari. Il movente è "economico", hanno raccontato sempre gli inquirenti. Su questo però c'è ancora da indagare: "sono in corso accertamenti". Le vittime e il pachistano avevano "due esercizi commerciali simili a pochi metri di distanza uno dall'altro" ma, mentre la pizzeria dei Serramondi "era conosciuta da tutti e tutti la frequentavano, l'altra non aveva clienti". Il pachistano possiede infatti, proprio di fronte alla pizzeria un proprio locale, il "Dolce & salato". Una attività che negli anni scorsi aveva rilevato proprio da Serramondi per una cifra di circa 200 mila euro. La sua attività, al contrario di quella gestita dalle vittime, versava però in cattive acque finanziarie.
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