giovedì 20 dicembre 2018
Questo pomeriggio l'arcivescovo Tisi celebrerà i funerali di Megalizzi, vittima dell'attentato dell'11 dicembre a Strasburgo
L'omaggio alla salma di Antonio Megalizzi nella camera ardente allestita nella chiesa parrocchiale di Cristo Re a Trento

L'omaggio alla salma di Antonio Megalizzi nella camera ardente allestita nella chiesa parrocchiale di Cristo Re a Trento

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È proseguito per tutta la giornata di ieri e anche nella notte l’omaggio silenzioso alla salma di Antonio Megalizzi, vittima dell’attentato dell’11 dicembre a Strasburgo, nella camera ardente allestita nella chiesa della sua parrocchia di Cristo Re a Trento. Sulla bara, già avvolta dal tricolore, qualcuno ha voluto deporre anche la bandiera europea. Oggi, giornata di lutto cittadino, si tengono alle 14.30 i funerali solenni del giovane giornalista italiano, presieduti dall’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi. Ieri è stato reso noto anche l’esito della Tac sul corpo del giovane che ha confermato le ferite letali a seguito del proiettile che lo ha raggiunto alla base del cranio.

Assieme alle amiche catechiste, martedì sera ha atteso in preghiera il ritorno in parrocchia di Annamaria e Federica, la mamma e la sorella di Antonio Megalizzi. Poi l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, si è fermato lì in silenzio con loro, per oltre due ore, per accogliere il feretro avvolto dal tricolore e abbracciare papà Domenico e la fidanzata Luana.

«È la comunità che giorno per giorno ha saputo farsi sentire accanto ai familiari – osserva monsignor Tisi, 56 anni, da tre alla guida di una diocesi commossa – con discrezione, lasciando spazio a quel grande silenzio dal quale può arrivare consolazione e forza».

Monsignor Tisi, questa famiglia cristiana ha perso «un ragazzo intelligente – come si legge nel necrologio – competente, vicino alle persone e alle emozioni»...

Sì, la famiglia stessa ci ha aiutato a cogliere il valore della testimonianza di Antonio che ha commosso e stupito i trentini. I familiari, che hanno avvertito in questi giorni la bellezza di appartenere a una comunità, ci hanno aiutato a capire che davanti all’enormità del dolore si richiede e si scopre anche un’enormità di amore. Non ci sarebbe dolore tanto lancinante se non ci fosse amore tanto lancinante. Come dice la scrittura, 'Le grandi acque non possono spegnere l’amore'.

Lei sta meditando l’omelia che terrà ai funerali solenni alla presenza delle massime autorità dello Stato. Che riflessione trae da queste giornate sfibranti?

Mi ha colpito ancora una volta la forza e la potenza evocativa del bene, in grado di sconfiggere il male. È venuta in primo piano, di giorno in giorno, una vita che si è spesa per la fraternità, l’inclusione e la convivenza che si costruisce valorizzando le differenze. La vita solare di un giovane ricco di idealità, capace di far sentire le radici profonde del progetto europeo. Attraverso Antonio, il bene è stato comunicato con forza, è diventato quasi una memoria comune. Come un segnale dell’Eterno in mezzo a noi, questo bene direi che si è già fatto storia, mentre quel gesto di violenza rimarrà soltanto lì, insensato, nella cronaca.

Il percorso personale di Antonio sembra aver destato anche un cordoglio unanime, sentimenti condivisi a vari livelli.

Sì, l’umano non ha bisogno di istruzione per essere spiegato. L’umano è qualcosa che ci portiamo dentro, appartiene al nostro codice genetico. Quando ti si para davanti e si esprime nella concretezza di una persona come questa – non nella teoria – allora l’umano ci si presenta proprio come un patrimonio comune, che unisce e affratella. Alle porte del Natale mi piace pensare a Gesù di Nazareth, che viene a salvare l’umanità, a farsi generatore di questo nuovo modo di guardare all’esistenza dell’altro. Non più come un muro o un confine, ma come il punto di partenza per fare spazio all’altro, spalancando alla libertà. Questa diventa una provocazione anche per noi cristiani, per le nostre comunità, a saper custodire e propagare anche l’umano, a saper diffondere storie di fraternità. Allora possiamo diventare incisivi anche nella realtà, soprattutto in questi tempi in cui sembra venir meno la fiducia reciproca.

Dalle registrazioni e dagli scritti di Antonio Megalizzi emerge una visione esigente rispetto alla casa comune europea.

Credeva nell’Europa dei popoli, dei giovani, non delle organizzazioni o della burocrazia. Mi ha il colpito il video in cui diceva che l’Europa è tutt’altro che la misura o il prezzo della frutta, dei prodotti agricoli. Per noi trentini che abbiamo avuto un fondatore dell’Europa come Alcide De Gasperi, la scelta di vita di Antonio è un invito a riprendere in mano il sogno dei promotori dell’Europa, che erano anche i suoi sogni.

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