È un messaggio di speranza e di impegno per il futuro quello che Giorgio Napolitano rivolge agli aquilani e a coloro che hanno perso familiari e un pezzo della loro stessa vita nel terremoto di due anni fa. Al suo arrivo alla basilica di Collemaggio per la messa in suffragio delle vittime della tragedia, il capo dello Stato fa esplicito riferimento alla propria carica e al significato che questa riveste "al di là della mia singola persona" per assicurare che "gli aquilani non devono avere la paura di essere dimenticati perchè, per fortuna, la coscienza civica del nostro paese e degli italiani non è al di sotto del dovere del ricordo e della vicinanza". Al suo arrivo, il presidente della Repubblica ha incontrato una delegazioni di giovani aquilani e di familiari delle vittime del terremoto ed è dopo questo breve ma intenso momento di scambio, proprio sul sagrato della basilica, che Napolitano osserva: "se emozione significa, come in effetti significa, capacità di riflessione e di coinvolgimento anche umano e sociale, quella che abbiamo visto oggi non può che essere un elemento positivo".
L'AQUILA, C'È CHI NON SI ARRENDELe campane hanno chiuso la nottata di preghiera ieri e le campane di tutta la diocesi oggi, alle 10, apriranno la giornata del 6 aprile. Suoneranno a distesa per un minuto in ricordo dei 309 morti. I due giorni di celebrazioni per l’anniversario del terremoto che due anni fa distrusse L’Aquila avranno come momento clou la partecipazione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla messa solenne di mezzogiorno nella basilica di Collemaggio officiata dall’arcivescovo metropolita Giuseppe Molinari. Prima di entrare in chiesa, sul sagrato, il presidente incontrerà alcuni parenti delle vittime. Fu proprio la Fondazione 6 aprile per la vita, che riunisce i familiari di chi è morto nel sisma, a invitare qualche giorno fa in città Napolitano. Nel pomeriggio, alle 15, l’ambasciatore tedesco, Michael H. Gerdts, consegnerà il piano di ricostruzione di Onna e il progetto di ristrutturazione dell’ex asilo al sindaco, Massimo Cialente, proprio nel borgo in cui il terremoto ha fatto maggiori danni e morti. Nella stessa occasione il vicario generale della diocesi di Rottenburg-Stoccarda, Clemens Stroppel, donerà alla comunità parrocchiale di Onna una nuova campana per la chiesa di San Pietro Apostolo che la Germania si è impegnata a ricostruire devolvendo 3,5 milioni di euro. A seguire, nel Ridotto del teatro, il convegno "La cultura della prevenzione" a cui parteciperanno anche alcuni esperti dell’università di Tokyo.«Ricostruiamo Aq». Il cartello sul tendone bianco in piazza Duomo sta lì quasi a esorcizzare il fantasma di un centro storico che riparte lentamente. Sono passati due anni e oggi L’Aquila, avvolta in un clima surreale, continua la sua giornata della memoria iniziata nella notte con la fiaccolata. Una scia di luce infinita, un freddo che ricorda quello del 6 aprile 2009, trecentonove rintocchi di campana - che annodano la gola - uno per ogni aquilano ingoiato dalla propria casa. Si è chiesto il silenzio, il rispetto e di affidare al ricordo queste giornate in cui i tanti problemi della ricostruzione (quella leggera è quasi terminata, ma la pesante che riguarda 20mila edifici stenta a decollare) vengono accantonati per lasciare semplicemente spazio all’eco del cuore. Mentre, invece, lungo quelle vie ancora puntellate sembra quasi di sentire l’urlo silenzioso di tanti anonimi che in questi mesi hanno fatto sì che il terremoto, che ha paralizzato una città intera, non facesse lo stesso con la loro vita. Si cammina senza parlare, in mano una piccola candela e al collo la bandiera nero-verde: in fila indiana, percorrendo le viuzze strette che portano a piazza Duomo. Si è qui per ricordare, ma anche per dire tutti insieme che L’Aquila ce la può fare. Lo deve a quei giovani che si sono sposati in questi mesi scegliendo di restare in una città provvisoria, ai quarantenni cui tocca l’ingrato compito di guidare una rinascita complicata e agli anziani che si ostinano a tornate ogni giorno ai piedi delle proprie case inagibili o a scegliere le pensiline dell’autobus come "circolo ricreativo". Qualcuno ce l’ha fatta, percorrendo la strada della tenacia e del coraggio. C’è chi ha combattuto contro la burocrazia ottusa per riaprire un locale inagibile, chi si ostina a mandare avanti un ristorante cucinando con le bombole del gas, spendendo più di quanto guadagna. Chi ancora ha scelto di tornare al lavoro in una casetta di legno, due metri per due, sulla piazza della Villa comunale: il cappellaio, il negozio di antiquariato, il calzolaio dei Portici. Ma anche chi, come Antonio Garofalo, è tornato a vivere nella sua casa paterna in centro storico senza aspettare i nuovi sottoservizi. Così per arrivarci usa una torcia, per vivere bombole a gas e pannelli fotovoltaici. Nei visi sconosciuti si scorgono le piccole vittorie degli aquilanii. Come quella di Calogero Alfano, il volontario di protezione civile agrigentino che, arrivato qui per aiutare, ha scelto di restare nella terra di sua moglie aprendo in un garage a Scoppito, a dieci chilometri dal capoluogo, la pasticceria Uniti per l’Abruzzo. «Si fatica molto - confessa - utilizziamo la rete per farci conoscere o i servizi a domicilio, ma vogliamo mettere la nostra artigianalità dolciaria al servizio di questa città. Ancor più adesso non possiamo arrenderci». Tra qualche giorno diventerà papà per la prima volta e ne è convinto: è la sua piccola a dargli forza. Gli altri miracoli del terremoto: tanti bambini nati. Da giovani senza casa, da precari, da disoccupati, slancio vitale che solo chi si è visto la morte in faccia può avere. «Diventerò presto mamma», sussurra Sabina Schiavone, mentre camminiamo. I suoi occhi brillano della gioia incontenibile della maternità e la preoccupazione di non avere un contratto di lavoro fisso, come pure suo marito, ora è chiusa in un cantuccio della mente: «Non si può aspettare che tutto torni come prima per incominciare a vivere, serve sognare, pregare e sperare. Solo un figlio, anche se non è ancora nato, può darti tutto questo». La stessa caparbietà ha riportato in città quasi tutti gli studenti universitari, pendolari senza alloggi e laureandi senza strutture. «A luglio finirò la triennale in Scienze Motorie - racconta Matteo Bosica - ma a settembre continuerò a studiare all’Aquila anche se dovrò viaggiare dalla costa per seguire le lezioni». La vita qui non è mai stata cancellata.
Alessia Guerrieri