martedì 5 aprile 2016
Irregolarità legate alla realizzazione della Sassari-Olbia. Altre 13 persone ai domiciliari.
Sardegna, 17 arresti per appalti truccati
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​E' di 17 persone destinatarie di misure restrittive il bilancio di una operazione - chiamata "La squadra" - condotta dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Oristano e dei carabinieri di Tonara, coordinati dalla procura di Oristano, nell'ambito di una vicenda legata ad appalti truccati e tangenti. Si tratta di un'operazione che segue il filone di "Sindacopoli" che il 28 aprile dello scorso anno portò all'arresto di 21 persone e a 3 obblighi di dimora a carico di numerosi amministratori locali e professionisti. I provvedimenti di oggi sono stati eseguiti in Sardegna e in altre zone d'Italia e coinvolgono  esponenti di primo piano della politica regionale, funzionari Anas, imprenditori e professionisti. In particolare, sono state applicate misure restrittive personali nei confronti di 17 persone di cui 3 in custodia cautelare in carcere, 13 agli arresti domiciliari e uno con obbligo di dimora. Novantacinque gli iscritti nel registro degli indagati. "Le indagini - spiega la finanza in una nota - si sono concentrate in particolare su alcuni soggetti politici e funzionari di enti pubblici che intrattenendo rapporti palesemente illeciti con imprenditori e professionisti avevano ideato ed attuato un consolidato sistema di controllo illecito degli appalti, anche corrompendo pubblici funzionari". In assenza di partita Iva, gli illeciti pagamenti erano effettuati mediante o denaro contante o assegnazione di fittizi incarichi o consulenze a prestanome dei medesimi. Grazie a tali escamotage, gli associati, nel momento in cui ricevevano una somma di denaro "illecita", emettevano direttamente o per interposta persona un documento fiscale formalmente corretto, ma in tutto o in parte relativo ad operazioni fittizie, cosi da poter mascherare quegli introiti di denaro tra le movimentazioni finanziarie societarie. Lo stesso meccanismo veniva poi utilizzato a rovescio nel momento in cui gli introiti dovevano essere utilizzate per retribuire i comportamenti corruttivi. La bontà della ricostruzione degli investigatori è stata confermata dalla confessione resa dai rappresentanti legali delle imprese aggiudicatarie di appalti inerenti i lavori del tracciato Sassari-Olbia, i quali, in presenza dei loro difensori, hanno raccontato di avere pagato la somma di euro 300.000 cadauno come prezzo per assicurarsi l'aggiudicazione dell'appalto. Le indagini hanno poi dimostrato che le provviste di denaro utili a distribuire tangenti a politici e a funzionari corrotti, originavano dall'emissione di fatture false emesse dal faccendiere nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti, o a imprese collegate, con motivazioni varie come lavori e/o consulenze in territorio nazionale ed estero. Da un esame strettamente formale risultava difficile riuscire distinguere le operazioni lecite da quelle illecite, essendo entrambe caratterizzate dalla presenza di tutta la documentazione contabile giustificativa. In questo modo l'effettiva gestione degli appalti pubblici era rimessa interamente alle scelte dell'intermediario/faccendiere, che, grazie alla corruzione dei pubblici ufficiali, è stato cosi in grado di controllare e indirizzare una buona parte del ciclo economico legato agli appalti pubblici della Regione Sardegna. Questo sistema ha permesso di pilotare gli appalti pubblici dei lotti 3 e 8 della Sassari-Olbia, aggiudicati rispettivamente per un importo di euro 70.775.409 ed euro 57.366.243, turbare le aste per l'assegnazione dei servizi tecnici di progettazione di due porticcioli turistici nell'area ogliastrina (Tertenia e Tortolì, quantificabili rispettivamente in circa 16 milioni di euro e 11 milioni di euro), nonché assegnare numerosissimi appalti minori per incarichi di progettazione di opere pubbliche e/o consulenze di varia natura. Figura centrale è indispensabile - continua la nota della Finanza - è stata l'intervento del politico o del funzionario pubblico compiacente che si è attivamente adoperato nel far nominare quei commissari di gara malleabili nel giudicare e quindi assegnare, ad imprese o soggetti amici selezionati dal professionista a capo del sodalizio criminoso, lavori per milioni di euro. Le indagini hanno permesso di individuare il sistema di pagamento delle tangenti, avvenuto sia in territorio nazionale che all'estero, attraverso modalità formalmente lecite. Infatti, si è appurato che il predetto faccendiere/intermediario nuorese retribuiva politici e funzionari mediante tangenti mascherate da consulenze, incarichi professionali anche per interposta persona, contributi elettorali ottenendo in cambio la gestione in prima persona di una cospicua fetta di finanziamenti pubblici erogati sia dalla Regione Autonoma della Sardegna che dallo Stato. Secondo quanto sottolinea la Finanza in una nota il sistema si basava su un semplice principio "chi porta i finanziamenti per l'appalto lo gestisce poi a suo piacimento ed in favore dei suoi sodali", una pratica resa possibile dal coinvolgimento di soggetti che operavano a più livello. Il primo livello era quello dei politici regionali che con le loro decisioni contribuiscono ad orientare la spesa regionale; a livello intermedio si collocava la figura di un "faccendiere" in grado di preservare l'anonimato dei politici corrotti e di organizzare le turbative d'asta attraverso le quali i finanziamenti venivano sì riversati sul "territorio ma ad imprese e professionisti compiacenti. L'ultimo livello era rappresentato da funzionari e amministratori delle stazioni appaltanti che eseguendo le direttive dell'intermediario nella gestione dei finanziamenti ottenevano, tra l'altro, consenso popolare per il loro "impegno nei confronti della comunità".
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