mercoledì 4 novembre 2020
Da Milano a Roma, è già in scena una sorta di 'coprifuoco indotto': autobus sempre più vuoti, strade deserte. Tanti pensionati riducono le ore passate fuori
Controllo della capienza dei mezzi pubblici a seguito delle misure anti-contagio in una grande città

Controllo della capienza dei mezzi pubblici a seguito delle misure anti-contagio in una grande città - Ansa

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Le strade sono vuote già prima del calar del sole. Vuoi perché bar e ristoranti chiusi dalle 18 di fatto hanno portato le grandi città ad una sorta di “coprifuoco indotto”. Roma e Milano, ancor prima dell’arrivo di un Dpcm che stringa ulteriormente le maglie della socialità, si ritrovano già a fare i conti con negozi poco affollati, autobus più vuoti anche nelle ore di punta e banchine metro delle fermate, generalmente più trafficate, stranamente deserte. Vuoi l’aumento dello smart working, vuoi le scuole superiori e le università tornate per lo più alla didattica a distanza.

Vuoi anche la scelta degli italiani, quasi raddoppiata tra il 2019 e il 2020, della spesa direttamente sul pianerottolo che piace un po’ a tutti e riduce ancora le occasioni di mettere il naso fuori dall’uscio. Vuoi, soprattutto, però la paura del contagio tornata come a marzo a risuonare nella testa degli italiani, dopo l’aumento esponenziale dei casi nelle ultime settimane. Ed è così, ad esempio a Roma, che pur essendo aperti sulla carta i centri anziani, non pochi di essi abbiano deciso da alcuni giorni l’auto-chiusura per evitare contagi tra le fasce più deboli della popolazione.

Che qualcosa stia accadendo lo si capisce dal fatto che «nelle ultime settimane stiamo assistendo ad una crescita delle richieste di aiuto da parte degli anziani romani – è l’analisi della Comunità di Sant’Egidio – per la richiesta di farmaci o spesa a domicilio». Una curva che, cresciuta di molto nei mesi di marzo e aprile quando le telefonate di sostegno sono arrivate ad aumentare di mille unità al mese, si è andata raffreddando in estate per tornare a salire dai primi di ottobre. La comunità trasteverina, infatti, nelle oltre 100mila telefonate agli anziani monitorati dall’associazione, da marzo ha notato «uno spaesamento delle persone », un ritorno all’isolamento in casa che «psicologicamente è pericoloso».

Anche a Milano i più timorosi sono i capelli d’argento che, se non si sono messi in autolockdown completamente, di certo hanno limitato molto le uscite e le occasioni di contatto. «Protetti sì, segregati no», è il motto rilanciato da Emilio Didonè, segretario generale della Fnp-Cisl della Lombardia, che rappresenta oltre 330mila pensionati iscritti. «Le persone anziane hanno compreso perfettamente il messaggio delle autorità sanitarie e si sono subito adeguate, adottando un’autodisciplina che comporta, certamente, anche un minor numero di uscite », racconta Didonè, 68 anni, che da marzo non va fuori più la sera e non entra in un ristorante, proprio per «autotutela ».

«Dalle telefonate che riceviamo – aggiunge – si percepisce la paura del contagio, un timore che porta gli anziani a proteggersi, evitando il più possibile i contatti con estranei e, in molti casi, con gli stessi nipoti». Se non è autolockdown in senso stretto, è comunque un sacrificio che tocca anche tante attività di volontariato, che hanno visto soprattutto gli anziani ridurre le ore di impegno. «Come sindacato pensionati – riprende Didonè – abbiamo sedi sparse su tutto il territorio, anche in centri piccoli e piccolissimi. Presidi sociali che è possibile tenere aperti soltanto grazie allo straordinario impegno dei volontari. Negli ultimi tempi, complice anche l’esplosione dei contagi, abbiamo notato che tanti pensionati hanno preferito ridurre l’impegno proprio per limitare le ore fuori casa.

È anche questa una forma di protezione che non comporta certamente la reclusione tra quattro mura, ma si basa sulla convinzione che è meglio non dare al virus troppe occasioni per circolare nella comunità». Convinzione confermata anche dal primario di Malattie infettive al Sacco di Milano, Massimo Galli, che considera la chiusura dei locali per cena «un chiaro segnale in un momento di gravità assoluta come questo, di starsene a casa il più possibile, di fare una specie di autolockdown per evitare il pericolo di portare a casa a persone meno giovani il virus».

Soprattutto sui mezzi pubblici gli anziani, infatti, sembrano quasi spariti. E chi viaggia da alcuni giorni non sono neanche più gli studenti più grandi che con l’ultimo Dpcm sono tornati alle lezioni online. Tanto per dare la dimensione del fenomeno su Roma, Atac (l’azienda per il trasposto pubblico della Capitale) «prima del Covid registrava un numero di validazioni sulla rete metro e tram di circa 700mila biglietti al giorno, scesi a 310mila dopo il lockdown. Un numero diminuito di un ulteriore 15% dai primi di ottobre ». E pure in mancanza di numeri certi, anche per il trasporto di superficie questa tendenza «è andata di pari passo».

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