sabato 24 gennaio 2015
​Anno giudiziario. L'allarme del ministro Giustizia Orlando. Milano: la 'ndrangheta a Nord. Torino: integrazione e terrorismo.Roma chiede super-procura.
INCHIESTA Allarme ecomafie, ferma la Procura Ue (Nello Scavo)
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​"La crisi sociale e l'indebolimento della struttura statale rende quest'ultima sempre più fragile di fronte agli interessi particolari che la condizionano e ai poteri illegali che la insidiano"; è uno dei passaggi del discorso del ministro della Giustizia Andrea Orlando nella cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario alla Corte d'Appello di Genova.
"In un Paese come il nostro caratterizzato dalla storica presenza di potenti organizzazioni criminali - ha sottolineato Orlando - la prostrazione dei corpi intermedi e delle istituzioni apre spazi crescenti ai fenomeni criminali in ambito economico, sociale e politico. Questi poteri in termini assoluti non sono più forti di prima ma piuttosto è più debole l'organismo che attaccano". 
"La criminalità organizzata - ha aggiunto il ministro - non ha più le forme tradizionali e la tradizionale collocazione geografica circoscritta ad alcune regioni del sud Italia. Si è espansa, ha cambiato forme e metodi mimetizzandosi nei contesti in cui si sviluppa. Si confonde e si sovrappone - ha concluso Orlando - alle reti collusive che avvolgono le pubbliche amministrazioni".

Milano. Canzio: la 'ndrangheta assedia il Nord. La presenza mafiosa al nord deve "essere ormai letta in termini non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione". Lo ha sottolineato il presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, nella relazione per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Un lungo passaggio della relazione è dedicato proprio ai processi contro la 'ndrangheta in Lombardia, come quello "Infinito", che si è concluso in Cassazione "con centinaia di condanne a secoli di carcere". Nel suo intervento Canzio ha sottolineato che la "dura prova" della testimonianza di Napolitano al processo Strato-Mafia "si poteva risparmiare al Capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica". Il presidente della Corte d'appello di Milano, ha anche evidenziato lo "sconcerto" nell'opinione pubblica per le assoluzioni nei casi Cucchi, Berlusconi, sisma dell'Aquila ed Eternit. Roma. Marini: "Mafia capitale" ha corrotto i politici. "La situazione della giustizia penale nel distretto di Roma si è ulteriormente aggravata. L'esempio emblematico è rappresentato dall'inchiesta Mafia Capitale dalla quale è emerso un sistema di complicità tra politica e criminalità, ampiamente strutturato, capillare e invasivo". È quanto afferma il procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma, Antonio Marini, nella sua relazione all'inaugurazione dell'anno giudiziario. A Roma, ha aggiunto Marini, ci sarebbe un patto "esplicito tra i gruppi criminali presenti a Roma" per "evitare contrasti" anche per quanto riguarda il narcotraffico. Preoccupazione inoltre per "l'infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo del calcio, come emerge da una serie di episodi e di inchieste giudiziarie avviate di recente". Il procuratore generale ha poi messo l'accento sul rischio di sottovalutare il pericolo terrorismo e sulla necessità di istituire una superprocura. Torino. Lotta al terrorismo con integrazione. "La vera risposta al terrorismo islamico è l'integrazione, ma affinchè si realizzi servonodue condizioni: tempo e disponibilità da entrambe le parti".Lo ha detto il procuratore generale presso la Corte d'Appellodi Torino, Marcello Maddalena, durante l'inaugurazionedell'Anno giudiziario. "Di certo questa barbarie va combattutasecondo le regole della democrazia e della civiltà - haaggiunto il procuratore - senza trasformare il nostro Stato inuno stato di polizia". Dopo quanto accaduto a Parigi "sisente molto parlare di una nuova Procura nazionaleantiterrorismo" ha detto Maddalena "sicuramente un coordinamento civuole ma senza necessità di una nuova struttura dicoordinamento destinata a sottrarre alle procure altri uomini".

Palermo. Marino lancia l'allarme: giudici a rischio attentati. Un riferimento al caso relativo alle misure di sicurezza predisposte nei confronti del pm Nino Di Matteo, componente del pool che sostiene l'accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia, contro cui Cosa nostra avrebbe progettato un attentato secondo le dichiarazioni di un pentito, si coglie nella relazione inaugurale dell'anno giudiziario del presidente reggente della Corte di appello di Palermo, Vito Ivan Marino. "Non si può sottacere che la indubitabile contingente e pericolosissima esposizione a rischio in determinati processi di taluno dei magistrati della requirente con conseguente adozione di dispositivi di protezione mai visti in precedenza, finisca per isolare e scoprire sempre di più i magistrati della giudicante titolari degli stessi processi. Si sta verificando la stessa identica situazione degli anni '80 -prosegue Marino - allorchè la protezione era garantita per lo più, se non esclusivamente, ai magistrati dei pool antimafia dell'Ufficio istruzione e della Procura della Repubblica, con indifferenza verso la situazione della giudicante con la conseguenza che bastò un solo episodio criminoso che la riguardasse per porre in crisi lo Stato che dovette dall'oggi al domani garantire la massima protezione non soltanto ai magistrati ordinari ma anche ai giudici popolari".

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