martedì 24 marzo 2015
​Due anni dopo la doppia mastectomia, l'attrice Usa annuncia di essersi sottoposto a un altro intervento preventivo contro il rischio di ammalarsi di cancro. Il parere di medici e psicologi.
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Due anni dopo la doppia mastectomia, Angelina Jolie si è fatta asportare in via preventiva anche le ovaie e le tube di Falloppio. L'annuncio è arrivato dalle colonne del New York Times. L'attrice americana, 39 anni, avrebbe preso questa decisione così drastica in quanto affetta da una particolare mutazione genetica che farebbe aumentare del 50% le probabilità di sviluppare proprio un cancro ovarico. Nei giorni scorsi il suo medico curante aveva parlato di analisi in cui i marker infiammatori erano elevati, segno di una possibile fase iniziale di cancro alle ovaie, malattia che ha ucciso sua madre all'età di 56 anni. "Ho provato gli stessi sentimenti di migliaia di altre donne - ha scritto la Jolie -. Ho detto a me stessa di stare calma, di essere forte, e che non avevo ragione di pensare che non avrei vissuto abbastanza per vedere i miei bambini crescere"."La cosa più importante è conoscere le opzioni e scegliere ciò che è giusto per te personalmente", ha aggiunto l'attrice, ben consapevole di essere una sorta di testimonial in tutto il mondo. "Ora so che i miei figli non diranno mai: mia madre è morta di cancro alle ovaie".L'asportazione delle ovaie è evidentemente una misura preventiva assai invasiva, e pure controversa tra gli stessi medici. Azzerare i rischi di un tumore è impossibile, e difatti la stessa Angelina Jolie dovrà seguire una terapia preventiva contro il cancro all'utero.

Anche in Italia i medici si sono confrontati con la scelta dell'attrice, che potrebbe fungere da "modello" per altre donne. 

"Una decisione sacrosanta", l'ha definita l'oncologo Umberto Veronesi. "È un passo che mi aspettavo. Le stesse mutazioni genetiche che predispongono al tumore del seno aumentano anche le probabilità di sviluppare un tumore dell'ovaio. Fermarsi alla mastectomia sarebbe stato un percorso a metà", osserva lo scienziato, che accoglie come un traguardo importante la scoperta del gene che indica l'aumento del rischio. "Non abbiate paura di sapere. Fate i test genetici, se necessario", chiede Veronesi alle donne che hannofamiliarità per il cancro al seno e alle ovaie.  La predisposizione genetica, comunque, riguarda solo una percentuale tra il 5 e il 10 per cento della popolazione femminile. Oggi esiste un test predittivo del rischio di cancro: si tratta dell'esame del Dna per la ricerca dell'eventuale gene mutato Brca1 e Brca2 che si effettua con un semplice prelievo del sangue. In Italia, se regolarmente prescritto, il test è rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, spiega Andrea Urbani, presidente della Società europea di proteomica. Sei persone su 10 con il gene Brca1 mutato sviluppano tumore ovarico, e anche il 20% di chi presenta una mutazione del Brca2 è destinato ad ammalarsi. "Quando c'è una storia familiare di tumori di questo tipo - aggiunge Urbani - è dunque consigliabile effettuare i test genetici".
La vera domanda, però, è cosa fare una volta effettuato il test. Si tratta pur sempre di un rischio genetico, non di una malattia conclamata, e al paziente questa differenza va spiegata bene prima che prenda decisioni drastiche da cui non si torna indietro.  "Sì alla prevenzione, no all'ossessione" è anche la risposta dello psichiatra Claudio Mencacci. Se da un lato "è giusto e sacrosanto incentivare e promuovere la cultura dei corretti stili di vita, della diagnosi precoce e del giocare d'anticipo contro il cancro come pure contro altre malattie in continuo aumento", dall'altro "occorre evitare che la voglia di salute si trasformi in un bisogno ossessivo di controllo". Per molte patologie non esistono test predittivi e dunque è impossibile controllare e prevenire ogni evento negativo che potrebbe capitare sulla nostra vita. L'alternative alla mastectomia e all'asportazione delle ovaie è un follow up stretto e ravvicinato, che individui la malattia al suo primo manifestarsi. Secondo Carmine Pinto, presidente del'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), "una volta che una donna scopre di avere la mutazione genetica che aumenta il rischio ci sono due strade. Da una parte c'è la scelta della Jolie, quella più estrema, ma dall'altra ci si può sottoporre a controlli periodici per scoprire sul nascere eventuali tumori. La scelta dipende dalla donna, se è in grado di sopportare lo stress di vivere con questa spada di Damocle o se preferisce invece sottoporsi agli interventi"."La cosa più importante - dice Bruno Dallapiccola, professore di Genetica Medica - è avere un paziente informato".
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