sabato 6 luglio 2019
Andrea, malato di Sma, è il manager scelto dalla sindaca Raggi per cambiare la capitale e renderla più a misura dei disabili. Il progetto taxi gratis per loro, stanziati 21 milioni per tre anni
Venuto: «In Campidoglio per trasformare i bisogni in diritti»
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«Oggi funziona chi parla alla pancia, chi fa leva sulle rabbie e sulle paure. Oggi sui media passa lo slogan, lo strillo. Mai il contenuto. Ma guai se il Movimento accettasse questa scorciatoia. Guai se si piegasse alla politica urlata. Guai se mettesse tra parentesi i diritti privilegiando la caccia ai voti. Guai se rinunciasse a prendere per mano questo Paese così malandato e a tirarlo fuori dalle sabbie mobili con idee, con progetti, con misure». Andrea Venuto è fermo sulla carrozzella elettrica. Non muove le mani. Non muove la testa. Ma più della sua disabilità ci colpisce la capacità di capire la politica che si lega a una straordinaria determinazione nella grande battaglia per i soggetti deboli. Siamo in Campidoglio per capire chi è questo manager scelto da Virginia Raggi per dare risposte al grande tema della disabilità. Qual è la sua storia? E quali sono i suoi sogni e i suoi obiettivi? Venuto non ama allungare le risposte come non ama soffermarsi sulla sua condizione. «Non parliamo di me, parliamo di quello che dobbiamo fare. La sfida è trasformare un bisogno in un diritto. In qualcosa di esigibile. E farlo con un impegno totale. È questo il mio sogno. Soltanto questo ». Venuto ha 46 anni ed è nato con la Sma. Non ha mai camminato. Non ha mai stretto una mano. Ma la morte progressiva delle cellule nervose del midollo spinale, quelle che impartiscono ai muscoli il comando di movimento, non ha intaccato la sua voglia di fare cose. Giornalista, autore, conduttore, giocatore di hockey in carrozzina elettrica, tifoso della Roma, e ora anche politico con una mission ben chiara: trasformare i bisogni in diritti. «Appena sono arrivato ho fatto una circolare che fa chiarezza: se lei chiede una carta di identità rischia di aspettare due mesi, ma se la chiede un disabile la ottiene immediatamente ».

In un angolo della stanza Elisabetta Cantelli, più braccio destro che segretaria, ascolta silenziosa. A tratti annuisce. Poi si lascia sfuggire un commento stringato: «Andrea è sempre così modesto, ma la lista di cose fatte e di cose che farà è lunga. Come sarebbe utile entrare nei dettagli dei progetti...». La politica, però, si impadronisce del racconto. «I partiti mi hanno sempre osservato, ma solo per i potenziali voti che potevo garantire. Solo perché capivano che ero un punto di riferimento per la disabilità...». Quel modo di vedere la politica non è mai piaciuto a Venuto. Poi è arrivato il Movimento 5 Stelle. «Una folgorazione. Mi chiesero un impegno perché conoscevo il pianeta disabilità, perché scommettevano sulla mia competenza. Passai comunque notti a pensare, a interrogarmi, alla fine mandai un curriculum e dopo 4 giorni ero assessore alle Politiche sociali nel dodicesimo municipio». Scegliere così non è però un rischio? Non è vero che spesso si combinano guai? Venuto annuisce: «Sì, anche nel Movimento si sono fatti errori. Spesso c’è stata approssimazione, anche qui sono state fatte scelte discutibili. Ho visto pasticcioni e furbastri... Ma alla fine le luci spazzano via le ombre. E io da assessore a Monteverde qualcosa di buono ho combinato. Ho aperto le porte ai cittadini più deboli e ho azzerato le liste di attesa delle persone anziane che chiedevano servizi di assistenza ». Lo trasciniamo su Roma. Sulla sua città così bella e così malata. I rifiuti, il traffico, le municipalizzate, la burocrazia. E la sensazione di impotenza di una giunta. Venuto ha una sua idea e la spiega senza inutili giri di parole. «Tutti hanno speso senza pensare a chi ci sarebbe stato dopo di loro. Hanno speso tanto, troppo. Hanno accontentato tutti. E non hanno mai pensato a cosa avrebbero lasciato. Roma era una macchina bella, veloce, poi ognuno si è preso qualcosa. Chi il motore, chi i finestrini, chi gli sportelli. E non perché serviva a lui. Non rubavano per se stessi. Rubavano solo per mantenere un certo consenso». E la sindaca Raggi? Chiediamo a Venuto di descriverla con tre aggettivi. Il primo è immediato. «Virginia è coraggiosa». E poi? «Poi bisogna pensarci bene. Direi incosciente e generosa».

Il rapporto tra Raggi e Venuto inizia nel 2013 sul tavolo dove si discuteva delle politiche sociali per Roma capitale. «Mi piaceva. La vedevo piena di passione. Forte. Decisa. E poi ha sempre ascoltato quello che dicevo e non ha mai pensato a quello che ero. Quando è diventata sindaca ha deciso di tenere per se la delega all’accessibilità universale. Ci ha provato per dodici mesi, poi mi ha chiamato: 'Andrea, Roma vive su emergenze costanti. Sulla disabilità non ce la faccio, tocca a te'». Sono tanti i progetti in ballo, ma su uno Venuto decide di fermarsi. «Ora Roma ha un grande piano per la mobilità. 21 milioni di euro stanziati per tre anni. C’è un regolamento». Cerchiamo di capire meglio e Venuto ora è più chiaro. «I disabili gravi avranno taxi gratuiti. Non ci saranno liste di attesa. Non ci saranno privilegiati. C’è un bando e entro un mese ci saranno le graduatorie. Ecco così il bisogno diventa diritto». Squilla il telefono. Venuto corre per una seduta del consiglio comunale. Ci saluta ripetendo quelle ultime parole come se stesse provando a darci un’idea per il titolo: il bisogno che diventa diritto.

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