sabato 14 novembre 2015
Le associazioni: ospedali psichiatrici giudiziari chiusi solo sulla carta, dal 2014 nessun calo dei ricoveri, serve un commissario. Ora le Regioni hanno fino a 45 giorni per correre ai ripari.
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Chiusi sulla carta da sette mesi, di chiuso per ora c’è ben poco. Di carta invece c’è un po’ di più, visto che il governo ha appena inviato la lettera di diffida a otto Regioni per il mancato rispetto della legge 81 del 2014 con la quale l’Italia ha messo ufficialmente fine all’era degli ospedali psichiatrici giudiziari. Veneto, Piemonte, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania, Calabria e Puglia, dunque, sono a un passo dal vedersi arrivare un commissario per non aver saputo prendere in carico, nei tempi e nei modi previsti, i reclusi psichiatrici residenti sul proprio territorio. Uomini e donne finora detenuti nei manicomi di Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto. Ad oggi così ancora 234 persone restano rinchiuse nei cinque manicomi italiani. Al netto degli altrettanti che ora vivono a Castiglione delle Stiviere, un ex Opg 'riconvertito' in Rems (residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza). Le nuove strutture di accoglienza softper i malati mentali che hanno commesso reati – finora ne sono operative appena 17 su 35 previste dai piani regionali presentati – accolgono 208 persone. A fare il punto della situazione il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, presidente dell’organismo di coordinamento del processo di superamento degli Opg, incontrando il comitato Stopopg, il cartello formato dalla maggior parte di associazioni che in Italia si occupano di salute mentale. C’è la ferma intenzione di «andare avanti con determinazione per superare la stagione indegna degli Opg», dice il sottosegretario che, spiegando i prossimi stepdopo la diffida, annuncia «entro l’inizio dell’anno la nomina del commissario». Sempre che le otto Regioni (hanno tempi variabili dai quindici ai quarantacinque giorni) non daranno risposte soddisfacenti. Ma la questione è anche culturale, per questo «dobbiamo rafforzare i servizi territoriali e residenziali – conclude De Filippo – dare luoghi di cura adeguati per la salute mentale è una grande prospettiva di civiltà per il nostro Paese». A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, va detto che la popolazione internata è dimezzata negli ultimi anni e oggi si ferma a 673 unità (dato al 5 novembre). Ma è altrettanto vero, questa la prima denuncia di comitato nazionale Stopopg, «da un anno non cala il numero delle persone in misura di sicurezza detentiva». Nessuno si illudeva che il processo di superamento dei manicomi criminali sarebbe stato immediato all’indomani della scadenza delle proroghe, il 1 aprile 2015, anche perché il cronoprogramma delle Regioni prevedeva tempi di realizzazione delle Rems almeno fino al prossimo anno. E poco o nulla sui piani terapeutici individuali da attuare nei Dsm (dipartimenti di salute mentale).  Tuttavia un percorso così ad ostacoli in pochi se lo aspettavano. Soprattutto perché i cinque Opg restano ancora aperti, principalmente per ospitare internati provenienti dalle Regioni in ritardo. «Chiediamo al governo di procedere immediatamente con la nomina del commissario, non facendo passare altro tempo» – dice il portavoce di Stopopg Stefano Cecconi. E, inoltre, l’appello più generale «è non accontentarsi delle Rems, pensando ai percorsi terapeutici individuali e a misure di detenzione alternative», per cui si chiede al ministero l’attivazione di un monitoraggio. Ciò che non va dimenticato, infatti, «è che il luogo del recupero non sono né le Rems né gli Opg, ma la comunità»; un palcoscenico, prosegue Cecconi, ottimale sia per la riabilitazione dell’internato sia «sul fronte della sicurezza sociale ». Nelle Rems, ad esempio, «c’è un eccesso di ingressi dovuti alle misure provvisorie stabilite dalla magistratura che – conclude Cecconi, chiedendo una norma che renda eccezionale questo invio – non sta applicando la legge come dovrebbe».
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