mercoledì 11 novembre 2015
​Accusa il ragazzo, arrestata per omicido della madre. E lui confessa: "per la pistola ho pagato 450 euro".
GLI ESPERTI "Come a Novi Ligure, legami dstruttivi"
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«Pensavo che si trattasse di una pistola giocattolo». Lo ha detto davanti al Tribunale dei minorenni durante l’udienza di convalida del fermo la sedicenne accusata con il fidanzato Antonio Tagliata, 18 anni, di concorso nell’omicidio del padre, in coma, e di porto abusivo dell’arma. Il ragazzo le fece vedere la calibro 9 nell’atrio del palazzo in via Crivelli ad Ancona, ma lei ha detto che era convinta che si trattasse di un’arma finta. Invece, ha sostenuto la giovane, una volta in casa lui fece fuoco contro i genitori, con lei rimasta «impietrita». Il giudice ha poi deciso la convalida del fermo e la ragazza sarà portata in un carcere minorile. A quanto trapela, Roberta Pierini, la mamma, uccisa da Tagliata, è stata raggiunta da tre colpi di pistola: uno mortale alla testa, alla regione parietale destra, uno al fianco destro e uno di striscio al braccio sinistro. Queste le prime indiscrezioni sull’autopsia condotta dal medico legale Marco Valsecchi. La donna è caduta a terra ed è morta subito. I colpi esplosi sono uno in più di quanto si era appreso in un primo momento. Ma solo quando saranno stati completati gli accertamenti del Ris e le perizie balistiche sarà possibile stabilire con certezza da quale distanza Antonio abbia fatto fuoco e se, come sembra, abbia colpito prima la donna e poi il marito Fabio Giacconi, riducendolo in fin di vita. Tagliata sostiene di aver reagito ad un’aggressione del sottufficiale dell’Aeronautica, dopo un’accesa discussione: l’uomo e la moglie volevano che la ragazzina troncasse il rapporto con Tagliata. «Mi sono difeso», ha sostenuto il 18enne nel primo interrogatorio. «La pistola l’ho comprata da un albanese, in piazza Cavour ad Ancona. L’ho pagata 450 euro», avrebbe detto Antonio Tagliata, reo confesso, nell’interrogatorio dopo il fermo. Con l’arma ha detto di aver comprato anche tre caricatori, per un totale di 86 proiettili, gettati in un cassonetto dopo la sparatoria. Scavando nel passato della famiglia del giovane assassino i giudici hanno riportato alla luce una sinistra coincidenza. Quando era ancora minorenne e viveva in Sicilia, Carlo Tagliata, il padre di Antonio, fu accusato a Siracusa di un delitto passionale, in concorso con altri. Nel 1987 fu processato per l’omicidio di Salvatore Morale: pensava insidiasse la sua fidanzatina di allora. Solo ieri, durante l’udienza di convalida del fermo, la 16enne ha saputo della versione di Tagliata. «Lei non gli ha detto spara, spara – ha riferito l’avvocato della ragazza, Paolo Sfrappini –. Scaricare le responsabilità mi sembra un’operazione non molto saggia quando si sono sparati otto colpi».
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