sabato 16 maggio 2015
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Ci voleva proprio, in questi giorni tornati complicati per il bilancio pubblico a causa della nota sentenza della Consulta sulle pensioni, il richiamo del presidente Mattarella a «porre la famiglia al centro delle politiche sociali». Un richiamo che dovrebbe valere, forse, anche per gli stessi giudici della Corte Costituzionale, così attenti (pur nella divisione a metà che si è manifestata nella sentenza in questione) a tutelare i "diritti fondamentali" di chi ha una pensione oltre i 1.450 euro lordi. La Costituzione riconosce alla famiglia con figli un ruolo di primo piano: all’articolo 31 chiede un «particolare riguardo» per quelle numerose, mentre all’articolo 53 si afferma che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Questi due articoli, così semplici e chiari, attendono ormai da 67 anni di essere attuati.Tutti i diritti e le esigenze hanno la loro "dignità" e meritano di essere riconosciuti. Non solo dalla Corte (che in materia di politiche familiari non è stata investita direttamente, anche se va ricordato che l’anno prossimo scoccano i 40 anni della sentenza del 1976 che abolì il cumulo dei redditi familiari), ma soprattutto dalla politica che - anche in questi 15 mesi di governo Renzi - continua a non impegnarsi a sufficienza su questo fronte. Nella cruda realtà, i nuclei con figli non sono mai una priorità e vengono sempre posposti ad altre necessità. E pur nel rispetto della sentenza - diciamocelo francamente - quei molti italiani che oggi, lavorando duramente, guadagnano meno di 1.400 euro al mese faticano a comprendere le ragioni del diritto per le quali un lavoratore di oggi, specie se privato, debba in molti casi essere tutelato meno di un pensionato di ieri, specie se pubblico. Non si tratta di alimentare potenziali conflitti sociali. Ma troppe sono ormai le inadeguatezze che ostacolano la quotidiana fatica di chi si assume la responsabilità di contrastare la tendenza, regressiva, della denatalità. Questo giornale lo ricorda spesso. Dagli assegni familiari, i più bassi dell’area Ue, alla soglia di reddito per definire un familiare a carico, ferma dal 1986 (in barba a quegli adeguamenti all’inflazione ora rivendicati dai pensionati). Fino al bonus degli 80 euro, concesso ma senza tener minimamente conto dei carichi familiari (ignorati anche in sede di Tasi, l’imposta sulla casa). E l’elenco è lungo. Certo, in questi anni di crisi la famiglia ha svolto - e Mattarella l’ha ricordato - «un prezioso compito di ammortizzatore sociale». Ma è una considerazione di cui la politica non può abusare. È ora di pensare a una rete che, al contrario, si preoccupi di "ammortizzare" la famiglia stessa.
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