giovedì 17 ottobre 2019
Il presidente dell'Anac presenta i dati della corruzione in Italia. Il ritmo è un evento a settimana, nel 74% dei casi si tratta di appalti pubblici. «Nuova tangente è il posto di lavoro»
Cantone: carcere per grandi evasori? Giusto inasprimento
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L'occasione è la presentazione del rapporto Anac sulla corruzione in Italia nel triennio 2016-2019, l'ultimo del suo mandato prima di rientrare in magistratura. Ma la situazione è ottimale anche per dire la sua sulla manovra. Ed è così che Raffaele Cantone entra nel dibattito sugli strumenti per combattere l'evasione fiscale, tra i cavalli di battaglia messi sul tavolo dal governo giallorosso. «Credo sia giusto un inasprimento delle sanzioni verificato ai casi più gravi - risponde a chi gli domanda se è d'accordo con il carcere per i grandi evasori - Non ho mai pensato che con le manette si risolvano i problemi, ma l'evasione è un reato grave. Naturalmente va verificato come è scritta la norma prima di dare un giudizio».

Per quanto riguarda il quadro della corruzione, invece, il presidente dell'Anac parla di «quadro preoccupante ma non devastante», di un tema presente e diffuso ma scomparso dal dibattito pubblico. A dare il quadro della situazione i dati dell'ultimo triennio. Fra agosto 2016 e agosto 2019 sono state 117 le ordinanze di custodia cautelare per corruzione spiccate dall'Autorità giudiziaria in Italia e correlate in qualche modo a settore degli appalti. Che vuol dire sono stati eseguiti arresti ogni 10 giorni circa. Tra le regioni, la maglia nera va alla Sicilia, seguita da Lazio e Campania. In linea con questa cadenza temporale sono anche i casi di corruzione emersi analizzando i provvedimenti della magistratura: 152, ovvero uno a settimana. Se poi si scende specificatamente nel settore della politica, il dossier parla di quarantasette politici indagati per corruzione, di cui 43 arrestati, nel triennio da agosto 2016 e agosto 2019. Tra loro 20 sindaci, 6 vicesindaci, 10 assessori - più altri 4 indagati a piede libero - e 7 consiglieri.

L'analisi dell'Anac, poi, ha spiegato Cantone presentando il rapporto a Roma, «ha consentito di dare riscontro fattuale al cosiddetto fenomeno della smaterializzazione della tangente, che vede una sempre minor ricorrenza della contropartita economica. Il denaro continua a rappresentare il principale strumento dell'accordo illecito, tanto da ricorrere nel 48% delle vicende esaminate, sovente per importi esigui (2.000-3.000 euro ma in alcuni casi anche 50-100 euro appena) e talvolta quale percentuale fissa sul valore degli appalti». La nuova frontiera della tangente, insomma, è «il posto di lavoro».

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