giovedì 2 luglio 2020
L'Autorità anticorruzione: nel 2010 cresciuti del 23%. L'allarme sulle infiltrazioni mafiose. Nei 4 mesi del lockdown crollo del 33%
Il Covid congela anche gli appalti pubblici, persi 18 miliardi di lavori

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Anno record per gli appalti pubblici il 2019, sia in valore che in quantità. Lo segnala l'Anac nella Relazione annuale presentata oggi, la prima del post Raffaele Cantone. E questo smentisce chi critica le norme anticorruzione e per la trasparenza che bloccherebbero gli appalti. L'Autorità, ora guidata da Francesco Merloni, lo sottolinea con forza e anzi avverte che le norme dello "sblocca cantieri", che hanno allargato le maglie non hanno ottenuto risultati importanti. Mentre preoccupa il forte calo degli appalti durante il lockdown, ma l'Anac non è pessimista perchè i dati non sono definitivi e potrebbero migliorare. Partiamo dalle notizie positive. Nel 2019 il valore complessivo degli appalti pubblici si è attestato a 170 miliardi di euro, oltre 30 miliardi in più del 2018 (+23%): una cifra record, mai toccata dal settore in precedenza. Dal 2016, anno di introduzione del nuovo Codice, la crescita è stata del 69%. La crescita è stata anche quantitativa: gli appalti banditi nel 2019 sono stati infatti quasi 154mila, circa 12mila in più del 2018 (+8%). "Si tratta di dati - sottolinea l'Anac - che sembrano smentire la tesi relativa a un presunto blocco degli appalti in Italia, dal momento che la crescita è generalizzata e riguarda tutte le tipologie di contratto (lavori, servizi, forniture)". Ed il riferimento è a forze politiche, in particolare Lega e Forza Italia, che anche durante l'emergenza sanitaria hanno accusato il Codice degli appalti e le altre norme che rallenterebbero o bloccherebbero i lavori.

L'Anac replica coi dati. E lo fa raffrontando la "significativa performance registrata dal mercato degli appalti nel 2019" coi risultati poco significativi prodotti dalle modifiche legislative introdotte con la Legge di bilancio per il 2019 e con il cosiddetto decreto “Sblocca cantieri” per gli appalti sotto soglia (inferiori a 1 mln): una crescita solo del 13,5%, poco più della metà rispetto al trend generale. Dunque, è il commento dell'Anac, "sembrano trovare conferma le perplessità espresse a suo tempo dall’Autorità e relative ai rischi connessi a un allargamento delle maglie, che non sarebbero stati compensati da considerevoli benefici, dal momento che i cantieri più piccoli non necessitavano di un intervento, essendo peraltro in crescita da anni".

Ma ora, è l'allarme dell'Autorità, l'emergenza Covid "ha cambiato completamento lo scenario". I dati, pur se provvisori, dicono che nel primo quadrimestre 2020 gli appalti sono scesi del 24% per numero e del 33% in valore, pari a 18,6 miliardi in meno. La Regione più colpita è la Lombardia (-63%, pari a una flessione di circa 10 miliardi), mentre alcune Regioni nel primo quadrimestre 2020 hanno fatto addirittura registrare dati positivi, come il Lazio (+14%, pari a 550 mln). Va tuttavia rilevato, segnala l'Autorità, che a causa dell’emergenza sanitaria 22mila procedure di gara, per un valore di 23 miliardi, non sono ancora state “perfezionate” (ovvero non è stato pubblicato il bando o la lettera di invito). Dal momento che il tasso di perfezionamento delle procedure si aggira attorno al 90%, è possibile ipotizzare che i dati definitivi, sia a livello nazionale che locale, saranno assai meno negativi di quanto appaiano attualmente.

L'Anac, attraverso la propria Banca dati nazionale dei contratti pubblici ha monitorato 61.637 procedure connesse all’emergenza sanitaria, per una spesa complessiva di 3 miliardi. La gran parte dell’importo, oltre 2 miliardi, è riferibile al periodo più critico dell’emergenza, ovvero quello compreso fra il 1° marzo e il 10 aprile. La voce di spesa più significativa è quella relativa alla fornitura di dispositivi di protezione individuale (dpi), che da sola rappresenta quasi il 70% del totale: mascherine (1 mld e 165 mln) e altri dpi come guanti, camici e visiere (942 mln). La spesa legata all’emergenza Covid è stata gestita per poco più di un terzo a livello centralizzato nazionale (39%) e per la parte restante a livello regionale (61%). La spesa direttamente riferibile agli enti locali è invece del 4,5%. “L’emergenza ha determinato, com’era prevedibile, un impatto molto rilevante sulla finanza pubblica - si legge nella Relazione -. A questo dato, legato in parte alle naturali dinamiche del mercato connesse all’accaparramento di tali prodotti sullo scenario internazionale, non possono ritenersi estranei comportamenti speculativi e predatori da parte di soggetti variamente posizionati lungo la catena di fornitura, come già emerso da svariate indagini della magistratura. È evidente, peraltro, che queste spese sono destinate ad una crescita consistente nel breve-medio periodo, visto che l’atteso riavvio delle attività dovrà essere supportato da una più ampia e capillare distribuzione di dispositivi di protezione individuale e dei sistemi di diagnosi. La domanda di tali beni potrebbe quindi attestarsi su valori multipli rispetto a quelli relativi al periodo già trascorso, impegnando una quota ancora più ingente della spesa pubblica nazionale”. Così l'Anac elenca le possibili criticità: abnorme lievitazione dei prezzi rispetto ai prezzi riconoscibili ante emergenza e forte variabilità degli stessi sul territorio nazionale; scostamento nella qualità e quantità delle forniture rispetto alle caratteristiche richieste; retrocessione dell’aggiudicatario dall’offerta, mancata stipula del contratto, mancato avvio o interruzione della fornitura; ritardi rispetto ai termini di consegna; mancato possesso, da parte dell’affidatario, dei requisiti di ordine generale necessari per contrarre con la Pubblica amministrazione. L'Anac segnala anche i dati di allarme del forte aumento delle interdittive antimafia che nel 2019 sono state 633, ben 70 in più del 2018, con un incremento del 10,5%. “Il dato è molto preoccupante per il trend in continua crescita, che conferma che le organizzazioni criminali ricorrono sempre più spesso a sistemi corruttivi per raggiungere i loro scopi, approfittando anche delle situazioni emergenziali come quella in corso, con effetti devastanti sul sistema economico e sulle imprese sane, già pesantemente colpite dalla crisi” ha affermato nel corso del suo intervento il Presidente Anac Francesco Merloni.

Ma aumenta anche il numero di dipendenti pubblici che hanno segnalato illeciti di cui sono venuti a conoscenza sul luogo di lavoro. "L’istituto del whistleblowing – si legge nella Relazione - ha avuto, anche nel corso del 2019, un vero e proprio andamento esponenziale se si considera che si è passati dalle 125 segnalazioni del 2015 alle 873 del 2019, per un totale complessivo di circa 2.330 segnalazioni”. Le segnalazioni ricevute dall’Anac nel 2019 sono state 90 in più del 2018 (+11%). Tuttavia, avverte l'Autorità, più della metà (488) sono state soggette ad archiviazione diretta in quanto relative a materie che esulano dalle competenze di Anac. Le segnalazioni che avevano ad oggetto illeciti rilevanti sotto il profilo penale o erariale, sono state inoltrate alle Autorità competenti nel rispetto della riservatezza dell’identità del segnalante: 112 alla Procura della Repubblica e 89 alla Corte dei conti. Da rilevare anche l’aumento, per certi versi preoccupante, delle comunicazioni inerenti misure discriminatorie verso i segnalanti, pari a circa 70. Sotto questo profilo, nel 2019 l’Anac ha irrogato la prima sanzione (5mila euro), comminata a un dirigente di un comune del Casertano, quale firmatario di provvedimenti ritorsivi verso un dipendente che aveva denunciato presunte irregolarità in Procura.

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