mercoledì 6 aprile 2016
​Acli e Mcl votano sì. I francescani laici: "un primo segnale per cambiare verso". Il lavoro dell'Ac per colmare il "vuoto informativo".
I movimenti: «Nessuno metta la sordina al referendum»
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C’è un filo rosso che lega le associazioni e i movimenti cattolici che hanno deciso di prendere sul serio il referendum del 17 aprile: sfidare il clamoroso silenzio dei media (addirittura assordante prima che polemiche politiche e vicende giudiziarie costringessero giornali e tv a parlare della consultazione sulle trivelle), usare per intero la rete - reale e virtuale - diffusa lungo tutto il Paese per diffondere articoli, approfondimenti, materiali. Perché, a prescindere che si voti sì o no, e con la piena consapevolezza che raggiungere il quorum sarà molto difficile, «non poteva passare l’idea – spiega Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica – che un referendum riguardante l’ambiente, l’energia e la salute scivolasse via senza che i cittadini potessero capire di cosa si parlava e scegliere liberamente la propria posizione». IL FRONTE DEL SÌ Mentre diversi sindacati hanno assunto posizioni caute (se non balbettanti) nel timore delle ripercussioni occupazionali, le maggiori realtà cattoliche rappresentative del mondo del lavoro spingono forte per il successo del referendum. La presidenza nazionale delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) con un recente documento ha aderito al Comitato per il sì «per contribuire a riavviare un dibattito sull’esigenza di pensare ad un modello energetico pulito, basato sulle energie rinnovabili ». Il tempo delle fossili, spiega l’associazione guidata da Gianni Bottalico , «è finito», le attività estrattive «sono inquinanti, con impatti sull’ambiente e sull’ecosistema marino con danni al turismo, alla fauna e all’attività di pesca ». Ed eventuali incidenti nel Mediterraneo avrebbero «effetti disastrosi». Anche il Movimento cristiano lavoratori (Mcl) chiede di andare a votare sì. «Ora basta con le timidezze, la Laudato si’ parla chiaro e ci invita a spenderci nettamente nella difesa della terra che ci ospita – tira la volata il presidente Carlo Costalli –. E a dire il vero, siamo anche molto preoccupati per la salute dei cittadini. È vero, c’è tanta strumentalizzazione su questo referendum ma un segnale va dato. E lo dico da persona che su questi temi non è mai stato integralista né un verde ad oltranza». È per il sì, ma con una linea che invita ad una riflessione ulteriore, anche il mondo francescano. I laici dell’Ofs e i giovani della Gifra, in un lungo e approfondito documento, fanno questo ragionamento: se occorre scegliere tra il sì e il no, tanto vale dire sì ma il problema ambientale ed energetico è molto più ampio e il quesito referendario non lo affronta se non in maniera simbolica. «Non possiamo nascondere che il successo di questo referendum non porterebbe a un miglioramento significativo in termini di nuovi “orizzonti rinnovabili”, né tanto meno di una riduzione dei rischi ambientali nei nostri mari», spiega il presidente Remo Di Pinto . In questo senso, dunque, andare a votare ed esprimersi contro le trivellazioni ha soprattutto un significato «politico » verso una classe dirigente che «finora non ha fatto abbastanza ». È più o meno la stessa idea di Alfonso Cauteruccio, presidente del Consiglio direttivo di Greenaccord: «Il Papa parla di decarbonizzazione dell’economia, graduale ma senza indugi. Da qualche parte bisogna iniziare. Dal referendum si può avviare il cambio di rotta. Abbiamo solo 34 anni per raggiungere gli obiettivi di riduzione di CO2 concordati a livello europeo, e ci vogliono operazione progressive ma sostanziose ». È pressappoco la stessa posizione di Pierluigi Sassi , presidente di Earth day Italia, sede italiana della Giornata mondiale della Terra promossa dall’Onu: «Il risultato del referendum più che risolvere questioni vitali mostrerà se esiste in Italia quella sensibilità e quella disponibilità al cambiamento di cui il pianeta ha ormai urgente bisogno. A Parigi 195 capi di Stato hanno riconosciuto l’urgenza di una graduale ma risoluta decarbonizzazione dell’economia. Un processo che richiede prima di tutto dialogo tra governi e società civile. Quindi il referendum è qui rappresentativo tanto di una scelta di campo quanto di una scelta di dialogo. I cittadini non disattendano questo appuntamento qualunque sia la loro opinione». IL FRONTE FORMATIVO Proprio Cauteruccio presenta la vera sfida di questo referendum, «fare in modo che il 17 aprile non passi indifferente davanti al naso dei credenti». E sul compito di formarsi un’opinione propria e approfondita si è spesa molto l’Azione cattolica. Negli ultimi giorni il sito web e i social dell’associazione rilanciano approfondimenti che tengono conto dei vari aspetti e delle varie opinioni. «Vorremmo che questo tema non fosse sentito solo da chi affaccia sul mare, sull’Adriatico, ma interessasse tutto il Paese. Non daremo indicazioni di voto ma le associazioni diocesane, specie quelle più coinvolte, stanno liberamente scegliendo la propria posizione insieme alle loro Chiese locali», spiega Matteo Truffelli. Anche Retinopera, 'cartello' delle maggiori associazioni attente ai temi del bene comune, sta raccogliendo sul proprio sito il meglio delle elaborazioni prodotte dalle organizzazioni laicali. Il fine è chiaro: nel merito si può anche discutere, le strategie politiche sono tutte legittime (voto o astensione), ma sul diritto-dovere di tutti a farsi un’opinione non si può transigere. Per una questione di democrazia, innanzitutto.
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