giovedì 4 maggio 2017
Un articolo firmata da Beppe Grillo nel 2004 possono aiutare a buttare un po’ d’acqua sul fuoco che qualche politico attizza contro coloro che salvano dal mare migliaia di migranti
Beppe Grillo (Ansa)

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«Con una percentuale di stranieri molto più bassa di quella svizzera (due su dieci) o tedesca (uno su dieci), in Italia il governo, alcuni politici e alcuni mezzi di comunicazione stanno fomentando una psicosi da paese invaso».

Queste parole firmate da Beppe Grillo nel 2004 possono aiutare a buttare un po’ d’acqua sul fuoco che qualche politico attizza contro coloro che salvano dal mare migliaia di migranti.

«Ma chi sono davvero gli invasori?», scriveva Grillo in Internazionale del 10 settembre 2004. «Perché il governo italiano (Berlusconi era Presidente del consiglio; ndr) parla solo delle impronte digitali degli extracomunitari e non parla mai delle impronte ecologiche degli italiani? L’impronta ecologica – continuava Grillo – è un indicatore molto utile sviluppato da Mathis Wackernagel (footprintnetwork.org). Essa è la quantità di territorio fertile necessaria per produrre le risorse e per assorbire i rifiuti e le emissioni generati dai consumi di un popolo. Comparando le loro diverse impronte ecologiche si può vedere quali nazioni consumano più natura di quella che hanno sotto i piedi e quali ne consumano di meno. (…) Una parte degli ettari fertili brasiliani, per esempio, serve a produrre legnami, arance e caffè consumati dagli europei, e ad assorbire nelle foreste una parte dell’anidride carbonica prodotta dagli europei bruciando carbone, petrolio e gas. In Italia disponiamo di un ettaro fertile a testa, ma ne adoperiamo quattro a testa. Quindi, per sostenere il nostro livello di consumi materiali noi utilizziamo molto più territorio fertile di quello su cui viviamo».

Quando faceva il comico Grillo aveva spesso una visione d’insieme che sembra persa nel corpo a corpo, giorno per giorno, della lotta tra partiti politici.

«In Europa – scriveva – siamo il paese che si riproduce di meno e che, per molti tipi di merci, consuma di più. Mentre le nostre discariche rapidamente si riempiono, i nostri asili lentamente si svuotano. Tutti impegnati a produrre e consumare, in Europa sembriamo dimenticare due cose. Primo: occorre un certo equilibrio tra produzione e riproduzione. Mentre ci ingozziamo sempre più di pubblicità per riuscire a vendere tutto quello che produciamo, l’Europa avrebbe bisogno di mezzo milione di immigrati ogni anno se volesse continuare a produrre e consumare tutte queste mercanzie. Se allora lavorassimo un po’ di meno – per esempio 20-30 ore alla settimana – e ci dedicassimo di più alla riproduzione, alla famiglia, alla cultura, agli amici? Secondo: noi europei abbiamo invaso gli altri continenti per quasi cinquecento anni e non siamo andati per il sottile: schiavismo, massacri, stermini di interi popoli, annientamento di culture millenarie, depredamento di risorse naturali. I crimini degli attuali trafficanti di clandestini o della piccola delinquenza importata impallidiscono di fronte a quelli che i nostri eserciti e molti dei nostri mercanti hanno commesso fino a ieri nel mondo. Dopo cinquecento anni il pendolo delle migrazioni inverte il suo corso e l’Europa diventa stazione di arrivo invece che stazione di partenza. Dovremmo solo ringraziare il cielo che anche i migranti sembrano aver perso come noi la memoria della storia: invece di venire a regolare i conti di secoli di rapine, vengono in Europa per lavorare e pagano le nostre pensioni al posto dei figli che non facciamo. Eppure c’è chi riesce lo stesso a odiarli».

Internazionale, numero 556, 10 settembre 2004, "L'impronta dell'invasore", Beppe Grillo

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